Da Neve Shalom al Piccolo Teatro un’oasi di pace in mezzo alla guerra
Nel villaggio, dal 1972, convivono pacificamente ebrei, musulmani e cristiani
Sant’Ilario d’Enza Non sarà uno spettacolo ma chiamarlo incontro sarebbe riduttivo. L’appuntamento è per mercoledì 22 gennaio (ore 21) al Piccolo Teatro in Piazza dove Teatro L’Attesa, insieme a Parrocchia e Comune, ha deciso di ospitare una serata solo apparentemente insolita per uno spazio teatrale. Due testimoni, non a caso due donne, una palestinese e una ebrea, racconteranno come è stato e come è possibile vivere insieme in pace a Neve Shalom Wahat al-Salam. Nonostante decenni di guerra, nonostante il 7 ottobre: ebrei, musulmani e cristiani. Forse allora il luogo più adatto per raccontare questa storia bellissima è un teatro, che è un posto dove sono compresenti a farsi coraggio vicendevolmente i sogni e la realtà.
Neve Shalom Wahat al-Salam (Nswas) è un villaggio cooperativo nel quale vivono insieme ebrei e palestinesi, tutti di cittadinanza israeliana. Equidistante da Gerusalemme e da Tel Aviv Nevé Shalom Wahat al-Salam fu fondato nel 1972 su un terreno di 100 acri preso in affitto dal vicino monastero di Latrun. Nel 1977 vi si insediò la prima famiglia. Nel 1999 le famiglie residenti erano 30; oggi sono un centinaio e altre nuove famiglie vi stanno costruendo le loro case. I membri di Nevé Shalom/Wahat al-Salam dimostrano che ebrei e palestinesi possono coesistere quando diano vita a una comunità basata sull'accettazione, il rispetto e la cooperazione. Gestito in modo democratico, il villaggio è di proprietà dei suoi stessi abitanti e non è affiliato ad alcun partito o movimento politico.
«Pensavamo a un piccolo villaggio composto da abitanti provenienti dalle diverse comunità del paese – si legge nel libro autobiografico “Quando la nube si alzava” del fondatore del villaggio, Bruno Hussar –. Ebrei cristiani e musulmani vi vivrebbero in pace, ognuno fedele alla propria fede e alle proprie tradizioni e rispettoso delle altrui, trovando in questa diversità una fonte di arricchimento. Scopo di un tale villaggio divenire una “scuola di pace”. In ogni paese esistono accademie dove, per anni, viene insegnata l'arte della guerra. Ispirati dalla parola profetica “...un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo e non impareranno più l'arte della guerra”, perché anche la pace è un’arte: che non si improvvisa, ma deve essere insegnata. Al villaggio si verrebbe da ogni angolo del paese per incontrare “l'altro”, per abbattere i muri della paura, della diffidenza, dell'ignoranza, dell'incomprensione, dei pregiudizi e costruire ponti di fiducia, di rispetto, di reciproca comprensione e, se possibile, di amicizia. Tale scopo verrebbe perseguito mediante corsi, seminari, tecniche di psicologia di gruppo, lavoro fisico fatto in comune e serate ricreative».
«La parte più problematica del nostro sogno era il terreno – prosegue Hussar –. Dopo ricerche infruttuose, con nostra grande sorpresa un terreno di 40 ettari ci cascò dal cielo. Il monastero trappista di Latroun ci offrì una collina che prima della guerra del giugno 1967 era stato territorio smilitarizzato e “terra di nessuno”, tra Israele e la Giordania. Mediante un affitto simbolico di 3 centesimi annui e un contratto di un secolo, da rinnovarsi entro il 49° anno, questa collina divenne il luogo in cui il sogno di Nevè Shalom avrebbe potuto realizzarsi».
Ma chi sono le testimoni che prenderanno la parola sul palco? Shireen Najjar è nata e cresciuta a Neve Shalom Wahat al Salam. Prima bambina araba a nascere nella comunità, da anni collabora con la Scuola per la pace come facilitatrice di gruppi in conflitto e come traduttrice. Dorit Alon Shippin è invece nata in Israele da genitori ebrei israeliani nel 1958. È membro della comunità dal 1984. Insieme al marito Howard ha cresciuto tre figli nella comunità e li ha educati secondo il suo modello educativo. Ha ricoperto diversi ruoli, tra cui quello di sindaco e direttrice del Centro spirituale pluralistico.
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