Gazzetta di Reggio

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L’udienza

«L’ho visto divorato dal tornio»: testimone racconta a processo l’infortunio che ha ucciso Said Abouennour

Ambra Prati
«L’ho visto divorato dal tornio»: testimone racconta a processo l’infortunio che ha ucciso Said Abouennour

Alla sbarra due imputati: il datore di lavoro e l’azienda produttrice del tornio

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Reggio Emilia «Mi scusi, mi viene ancora il magone a ricordare l’accaduto, è stato terribile». Al termine della deposizione sull’infortunio sul lavoro costato la vita a un collega, tremava ancora l’operaio 50enne che ha raccontato dell’urlo del poveretto «tirato dentro e divorato dal macchinario» e del «sangue dappertutto». La vittima, straziata da un tornio e morta dopo un anno di calvario ospedaliero, è Said Abouennour, marocchino di 52 anni, che ha lasciato orfano un figlio piccolo, la moglie, il fratello e la madre. I parenti si sono costituiti parte civile tramite l’avvocato Massimo Covi e chiedono un risarcimento danni che sfiora il milione di euro.

Alla sbarra per omicidio colposo aggravato (l’aggravante consiste nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni) ci sono due imputati: Giovanni Iotti, 86 anni, il datore di lavoro difeso dall’avvocato Nino Ruffini, e Stefano Ravezzani, 49 anni per la Stem Sas, l’azienda reggiana produttrice del tornio, difeso dall’avvocato Roberto Stefano Redaelli del foro di Milano. Il 13 dicembre 2021 all’interno del capannone dell’azienda Iotti Giovanni Srl in via Denti, al Villaggio Crostolo, è già finito l’orario di lavoro ma Said Abouennar, operaio specializzato esperto che lavora lì da quindici anni, rimane per fare un po’ di straordinario. Nel capannone restano il collega, accanto a un’altra macchina, e la vittima vicino al tornio. Said, l’unico autorizzato a usare quel tornio HD 1000 che il produttore doveva terminare di installare, stava lavorando un tubo di una decina di metri, che non doveva flettersi: la regola sarebbe stata di applicare delle lunette ma l’operazione è lunga e per sollevare il pesante pezzo metallico il 52enne usa una fascia di sollevamento trattenuta da un carroponte, come già aveva fatto in precedenza. La fascia va lubrificata e spostata affinché il tubo scivoli: così il malcapitato si avvicina senza spegnere il tornio, la fascia si impiglia bloccando il braccio sinistro dell’operaio che viene trascinato per un intero giro amputandogli un braccio e procurandogli numerose fratture in tutto il corpo.

«Non ho visto, ma sono accorso quando ho sentito quell’urlo e ho schiacciato il pulsante di stop vicino alla consolle. Poi sono arrivati gli altri, che lo hanno adagiato a terra», ha riferito il testimone dell’accusa. Said viene ricoverato per mesi negli ospedali di Reggio e Correggio e muore l’1 ottobre 2022. I tecnici dello Spsal dell’Ausl riscontrano numerose anomalie. Un altro testimone del pm Stefano Finocchiaro è stato un consulente per la sicurezza del lavoro, ha confermato davanti al giudice Michela Caputo «di aver segnalato più volte non conformità nell’utilizzo dei macchinari, protezioni rimosse e vari comportamenti pericolosi», segnalazioni scritte in doppia copia «al titolare e al responsabile dell’ufficio tecnico». La parte civile – presenti in tribunale la moglie e il fratello della vittima, che non si perdono un’udienza – sostiene che sia provato il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche. «Il titolare ha lasciato che l’operaio lavorasse in modalità non consentita, mentre la ditta produttrice non ha installato tutte le protezioni, disattivando alcuni dispositivi di sicurezza». Secondo l’avvocato Ruffini invece «c’è stato un concorso di colpa dello stesso dipendente, che ha tenuto un comportamento anomalo ed estraneo alle sue mansioni, mentre il produttore ha autorizzato l’uso del tornio». l © RIPRODUZIONE RISERVATA