Don Enzo Baldoni Giusto tra le Nazioni: salvò la famiglia Modena rischiando la vita
Il prete di Cavriago accolse in canonica a Quara di Toano tante persone
Un Giusto intelligente e coraggioso, che ha rischiato la propria vita per salvare sconosciuti. Oggi, 27 gennaio 2025, ricorre il Giorno della Memoria, la ricorrenza internazionale dedicate ai sei milioni di vittime della Shoah, lo sterminio programmato degli ebrei europei attuato dal nazismo durante la seconda guerra mondiale con la complicità dei propri alleati, tra cui l’Italia fascista. Il 27 gennaio le truppe dell’Armata Rossa entravano nel campo di Auschwitz-Birkenau in Polonia, il simbolo più noto e cupo di quell’annientamento. In questa data, oltre a ricordare chi ha perso la vita nei campi di sterminio, si rende omaggio anche a chi ha cercato di rallentare quell’immane massacro. Dai resistenti ai soldati, a figure che hanno salvato ebrei in tutto il continente. Sono i Giusti tra le Nazioni, titolo che viene attribuito a persone non ebree che durante la guerra hanno salvato la vita ad ebrei. A nominare queste figure è lo Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto di Gerusalemme, dove sono incisi i loro nomi in un grande giardino. L’elenco è lunghissimo, ci sono icone come Gino Bartali e Oskar Schindler e figure meno note, tra cui due reggiani. Uno è Francesco Tirelli, gelataio di Campagnola Emilia emigrato a Budapest, dove salvò bimbi ebrei.
Sul filo
Il secondo è don Enzo Boni Baldoni, sacerdote nato a Cavriago e parroco a Quara di Toano, in Appennino, durante la guerra. In quel periodo, don Enzo accoglie nella canonica della chiesa tante persone, in accordo col comando partigiano. Fra loro, alcune famiglie ebree in fuga, braccate da fascisti e nazisti. Un’opera generosa e pericolosa. Oltre al rischio di venir catturato e ucciso a propria volta, per il sacerdote vi è pure il pericolo di fraintendimenti coi resistenti: quasi nessuno tra i partigiani combattenti è informato della sua vera attività, secretata per motivi di sicurezza, e viene sospettato di essere un collaborazionista. In diverse occasioni, Baldoni rischia di essere ucciso anche dalle brigate resistenti. Un lavoro sul filo che ha salvato tante vite e gli è valso il titolo di Giusto fra le Nazioni. La missione di don Enzo Solo dopo la guerra un’indagine della Corte d’Assise straordinaria di Reggio Emilia, incaricata di investigare sui collaborazionisti fascisti, svela il vero ruolo del sacerdote. Tra chi lo deve ringraziare, la famiglia giudaica dei Modena, formata da Enzo, Ester e i due figli Vittorio e Bruno. Sfollati da Milano, arrivano nel Reggiano sotto falsa identità, adottando il cognome Bianchi. Durante un rastrellamento, i tedeschi catturano Ester e la rinchiudono a Ciano d’Enza, senza però sapere che si tratta di un’ebrea, grazie ai documenti falsi con cui la donna gira. Don Enzo, dopo una lunga trattativa, riesce ad ottenere il rilascio di Ester, muovendosi con grande cautela, e tenendo contatti solo con alcuni comandanti partigiani, tra cui “Davide”, l’avvocato Osvaldo Pioppi, commissario generale della divisione partigiana Centro-Emilia. Un comportamento obbligato, per evitare voci e sospetti, ma che porta con sé ulteriori pericoli anche per mano amica. Dopo il conflitto, don Boni Baldoni scende a valle, viene trasferito a San Bartolomeo, non lontano dalla sua Cavriago, dove officerà sino alla morte nel 1972. Nel 1955, viene premiato dalla Comunità ebraica di Modena e un attestato dell’Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia. Nel 2002 l’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme lo include fra i Giusti fra le Nazioni. La sua storia è raccontata in due documentari curati da Istoreco, “Fai del bene e buttalo ai pesci” di Alessandra Fontanesi e Andrea Mainardi, e “Giusti” di Matthias Durchfeld e Mainardi. l