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Operazione Sud Est

Mafia pugliese nel Reggiano, arrestato Alfonso Accoto: lavorava in ospedale a Baggiovara

Mafia pugliese nel Reggiano, arrestato Alfonso Accoto: lavorava in ospedale a Baggiovara

Operazione Sud Est dei carabinieri di Lecce: il 58enne dal 2006 viveva a Rubiera

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Reggio Emilia C’è anche il 58enne Alfonso Accoto, che risiede a Rubiera dal 2006 e lavora come operatore sanitario all’ospedale Baggiovara di Modena, fra gli 87 arrestati nell’ambito di un’operazione della Procura e della Dda di Lecce per associazione a delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti, con diramazioni al Nord e anche nella nostra provincia. All’alba di ieri a Lecce e nella costa del Salento più di 470 carabinieri hanno dato esecuzione a un’ordinanza cautelare emessa dal Gip del tribunale di Lecce, su proposta della locale Dda, nei confronti di 87 persone su un totale di 112 indagati – 56 in carcere e 31 ai domiciliari – ritenuti responsabili a vario titolo di associazione mafiosa finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi da fuoco e altri reati, fra cui ripetute estorsioni, aggravati dal metodo mafioso. La vasta operazione antimafia, che ha visto in azione le unità conofile e gli elicotteristi dell’Arma, ha toccato anche il Nord Italia e la nostra provincia, dove sono stati rintracciati alcuni degli indagati che negli ultimi tempi avevano lasciato il Salento. Altri venti soggetti già detenuti hanno invece ricevuto il provvedimento in carcere. La “testa” del sodalizio era nella città di Lecce, le diramazioni in tutta Italia.

L’indagine, condotta dal 2020 al 2024 dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, è stata denominata “Sud Est” perché è emersa l’esistenza nella provincia di Lecce di un’associazione per delinquere di tipo mafioso capeggiata da un soggetto già condannato per mafia e ora detenuto, al quale sono collegati altri due gruppi criminali dediti al narcotraffico. Grazie a un’indagine effettuata con metodi tradizionali “sul campo” (come appostamenti, pedinamenti, ricognizioni aeree) ma anche attraverso sofisticati strumenti tecnici, si è appurato che il traffico di droga continua ad essere il core-business della mafia leccese, che tuttavia collaborando con altri gruppi criminali differenziava gli affari del narcotraffico con estorsioni per debiti di droga, autoriciclaggio e la violazione della disciplina sulle armi, in un intreccio di affari illeciti lucrosi per tutte le associazioni. Ciascun gruppo criminale aveva una struttura organizzativa piramidale. Al vertice c’erano esponenti storici della mafia salentina come il boss Marco Antonio Penza, già condannato per associazione di stampo mafioso, nonché i suoi principali referenti Andrea Leo e Francesco Urso; questi ultimi due gestivano un vero monopolio del traffico e dello spaccio di droga utilizzando una fitta rete di collaboratori nei vari paesi della provincia. Per ultimo c’è un capitolo dell’indagine che riguarda un tentato omicidio avvenuto a Lecce nel 2014, quando in località San Ligorio alle porte di Lecce era sopravvissuto per miracolo a un agguato l’allora 46enne Massimo Caroppo, raggiunto dai proiettili al volto e al braccio sinistro. L’imboscata è rimasta un “cold case” per oltre dieci anni e ora, confrontando le dichiarazione dei pentiti con le intercettazioni, si è scoperto che quel tentato omicidio era legato ai contrasti fra esponenti di clan rivali per interessi legati ai traffici di droga: a 18 degli indagati viene contestato pure quel tentato omicidio.l © RIPRODUZIONE RISERVATA