Otto ore sull’aereo fermo in pista: odissea al JFK di New York per un reggiano
Maurizio Valcavi, ex gestore del bar della Polveriera: «Ho perso due giorni di lavoro, fatto spese impreviste e accumulato una stanchezza disumana»
Reggio Emilia Una vera e propria odissea, che si è risolta senza gravi conseguenze ma non priva di imprevisti e grattacapi. È quella che ha vissuto il reggiano Maurizio Valcavi, ex gestore del bar alla Polveriera nonché fondatore del club granata “Vecchia Reggio” dedicato a Matteo Incerti. Qualche giorno fa, Valcavi si trovava a Nek York per lavoro (è libero professionista nel settore tessile) e aveva prenotato il viaggio di ritorno con la compagnia Emirates in direzione Milano Malpensa, ma qualcosa, sul volo EK206, è andato storto: «Dopo aver concluso tutti i controlli aeroportuali ed esserci recati al gate alle ore 22. 03 abbiamo effettuato l’imbarco sull’aeromobile – racconta–. Da quel momento l’attesa è iniziata. Ogni 30 minuti gli annunci da parte del pilota parlavano di una partenza imminente. Questa attesa era, da come ci è stato detto, “legata al liquido anti-gelo”. Questi annunci sono continuati fino alle ore 3.59, quando il pilota ha annunciato che non saremmo partiti perché il volo era in stato di cancellazione». Un vero e proprio colpo di scena, senza una motivazione chiara: «Alle ore 5.48, infatti, dopo quasi otto ore, finalmente siamo scesi dall’aereo – prosegue Valcavi –. Ci hanno solo detto che la situazione era legata a eventi imprevisti. Uno shuttle ci ha portato in una sala dell’aeroporto John Fitzgerald Kennedy, dove ci hanno detto che il giorno seguente saremmo stati sistemati su un volo di ritorno e che avremmo avuto una sistemazione alberghiera per le ore intermedie. Ci hanno anche riferito che i bagagli non ci sarebbero stati consegnati e che sarebbero rimasti sullo stesso aereo».
Valcavi, unico passeggero reggiano, è così stato accompagnato in albergo in attesa di un miglioramento della situazione. Gli imprevisti, però, non erano ancora terminati: «Verso le 15 ci hanno raggiunto in hotel altri due passeggeri, dicendoci che le valigie erano state scaricate dall’aeromobile, mettendoci così in difficoltà, perché gli accordi non erano questi. Tornati al JFK con la navetta messa a disposizione dall’albergo, siamo entrati per fare nuovamente il check-in. Abbiamo così scoperto che avremmo dovuto imbarcare di nuovo i bagagli: tutto il contrario di ciò che ci era stato assicurato, dimostrando zero responsabilità per i nostri effetti personali». Sottolinea a anche l’imprenditore: «Dopo aver effettuato il check-in ed aver imbarcato i bagagli, scopriamo che alcuni passeggeri avevano ricevuto un voucher da 40 dollari per cenare in aeroporto. Anche in questa richiesta abbiamo riscontrato problemi, perdendo un’altra ora per avere un voucher equivalente a quello degli altri passeggeri e non da 20 dollari, come ci era invece stato proposto: solo insistendo siamo stati accontentanti. Finalmente ci siamo recati al nuovo imbarco, scoprendo che l’aereo con cui saremmo partiti non sarebbe stato lo stesso e quindi confermando così la precedente insicurezza della presenza dei bagagli. Per concludere al meglio, il volo ha viaggiato con un’ora di ritardo». Maurizio Valcavi è così tornato in Italia in netto ritardo e perdendo tempo prezioso: «Da Milano sono andato direttamente a una fiera in Svizzera, ma sono arrivato dopo – spiega–. Di fatto ho perso due giorni di lavoro, fatto spese impreviste e accumulato una stanchezza disumana. Vorrei puntualizzare che è inaccettabile fare passare 7 ore e 45 minuti seduti a bordo dell’aeromobile in mezzo a una pista con le cinture allacciate, illudendo i passeggeri con annunci di speranza perché se il problema fosse stato solo “il liquido anti gelo” sarebbe bastato cancellare il volo già ore prima». Valcavi ha scritto alla compagnia Emirates per un rimborso totale del volo di rientro dall’America in Italia: «Vi chiediamo chiarezza – si legge infatti sulla lettera – sulla reale motivazione della cancellazione del volo e motivo per cui siamo dovuti rimanere tutte quelle ore all’interno ell’aereo, rischiando così anche situazioni spiacevoli di salute come attacchi di panico». N.V. © RIPRODUZIONE RISERVATA