Gazzetta di Reggio

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Un luogo da scoprire

Il Giardino dell’Arte dello scultore Poletti continua a vivere grazie alla moglie Isa

Emily Berretti*
Il Giardino dell’Arte dello scultore Poletti continua a vivere grazie alla moglie Isa

Lei, che è stata una presenza fondamentale nell’opera del marito-artista, accoglie i visitatori

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Il Parco dell’Arte di Giacomo Poletti è un luogo unico a Talada di Busana, nel cuore dell’Appennino reggiano, un museo a cielo aperto dove sculture in legno e pietra raccontano la vita e l’ingegno del suo creatore. Giacomo Poletti, scomparso nel 2021, ha dedicato gran parte della sua vita a dare forma alla sua visione artistica, supportato dalla moglie Isa, che oggi si impegna a mantenere viva la memoria del marito.

Isa non è stata solo una spettatrice, ma una presenza fondamentale nell’opera di Giacomo. È stata lei, infatti, a credere fin dall’inizio nelle sue capacità, incoraggiandolo a coltivare la sua arte. Le sue serate erano spesso dedicate a rimettere in ordine dopo le lunghe sessioni di lavoro del marito, ma non si è mai pentita dei sacrifici fatti.

Come è nato il Parco dell'Arte? Quando e come Giacomo ha iniziato a scolpire?

«Ha cominciato nel 1975, a 45 anni, con un busto di Cristo, supportato da me. La sua creatività si è sviluppata nel tempo, dando vita a un intero parco senza un progetto preciso».

Quali materiali preferiva usare per le sue opere?

«Prediligeva il legno e la pietra. Per le sculture in pietra, utilizzava la tecnica della “scultura per via di levare”, che richiede grande precisione perché non permette errori. Decorava anche vecchie piagne, togliendo lo strato più scuro della pietra per creare disegni, mentre in inverno lavorava il legno in cucina».

Da cosa traeva ispirazione per le sue opere?

«Si ispirava a ciò che aveva intorno: animali, persone, piante e fiori. Vedeva il potenziale artistico in tutto ciò che lo circondava: una foglia caduta, un fiore, un volto. Ogni elemento del quotidiano poteva diventare una fonte d’ispirazione per le sue creazioni. Non utilizzava disegni preparatori, ma lasciava che le opere emergessero gradualmente».

Il Parco oggi accoglie anche altre opere oltre alle sculture realizzate da suo marito?

«Sì, io ho contribuito con assemblaggi che ho realizzato personalmente unendo oggetti raccolti nel tempo e alcune teste in terracotta».

C’è un’opera particolarmente significativa?

«Sì, una delle opere più significative è l’ultima che ha realizzato: un ritratto femminile in legno, un lavoro che richiama i “non finiti” di Michelangelo in cui mostra tutta la sua maestria nel riuscire a dar vita alla materia, trasformando il legno in qualcosa di vivo e intenso».

Quali sono stati i riconoscimenti più significativi ricevuti da Giacomo per il suo lavoro?

«Ha vinto molti premi, ma non si è mai lasciato condizionare dai riconoscimenti: ad esempio, quando lo fecero Cavaliere di Malta, non andò nemmeno alla cerimonia».

Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere ai visitatori del Parco dell'Arte?

«L’importanza di preservare la memoria e di valorizzare il lavoro e il sacrificio. Questo luogo rappresenta l’eredità che Giacomo ha lasciato a tutti noi. Non è solo un omaggio alla sua creatività, ma anche un patrimonio culturale per Talada e i suoi dintorni. Ogni visitatore può scoprire in questo parco un esempio di come l’arte possa nascere dalla dedizione e dalla semplicità della vita quotidiana».

*Studentessa dell’istituto Mandela di Castelnovo Monti