Valanga sul Monte Cusna. «Equipaggiamento giusto e nervi saldi: così i ragazzi si sono salvati da soli»
Mattia Ferrari, vice capo stazione del Saer, racconta come sono andate le cose
Villa Minozzo «È andato tutto per il meglio grazie all’autosoccorso delle persone presenti: quando c’è una persona sepolta sotto la neve che fatica a respirare è ovvio che il fattore tempo è fondamentale e la possibilità di trovarla viva diminuisce con il passare dei minuti. I giovani scialpinisti sono stati molto bravi a intervenire subito, hanno agito con prontezza e consapevolezza. E questo ha fatto la differenza». È il commento di Mattia Ferrari, il vice capo stazione del Saer Monte Cusna che si trovava alla guida della squadra arrivata per prima sulla valanga. Ferrari ci risponde alle 13.30, quando l’intervento – in realtà lampo – è stato dichiarato ufficialmente chiuso, un’ora e mezza dopo l’allerta.
Si è trattato di una valanga o una slavina?
«La slavina è un movimento di neve ridotto. Questa valanga invece ha avuto un fronte di 50 metri su una lunghezza di 300: una grossa quantità di neve, che è staccata da un pendio a monte».
Un distacco provocato da cosa?
«Difficile dirlo. Di certo domenica mattina pioveva e c’era caldo: ad abbondanti nevicate sono seguite alte temperature e il manto nevoso poco coeso è sempre pericoloso».
Quali fattori hanno influito sull’happy end?
«Il comportamento degli stessi giovani, che non hanno atteso l’arrivo di noi soccorritori: sono stati molto bravi. Per fortuna a chi pratica scialpinismo si insegna l’autosoccorso e come usare l’Artva, che è stato fondamentale per individuare subito i due travolti. Anche se noi del Soccorso Alpino siamo arrivati in fretta, la pronta reazione degli astanti nel gettarsi a soccorrere gli altri ha ribaltato la situazione. Ringrazio di cuore anche il secondo gruppo di escursionisti e l’impianto Alpe di Cusna che ha messo a disposizione il gatto delle nevi».
Se capita una valanga, cosa fare?
«Anzitutto le attrezzature: non devono mai mancare e si deve sapere come usarle. Ricordo che da qualche anno il kit da valanga è obbligatorio; non tutti lo sanno, ma si può essere multati se si è sprovvisti, proprio per scongiurare episodi come questo. Poi è necessario mantenere la calma e dividersi i compiti, come hanno fatto i giovani».
Sul recupero nella tormenta del giorno precedente?
«Lì invece è andata diversamente perché purtroppo i due escursionisti non erano preparati né attrezzati e quindi sono stati colti di sorpresa dalla bufera e dall’incombere dal buio. Il meteo inclemente era affrontabile solo dagli esperti. Noi abbiamo avuto difficoltà a trovarli perché i ragazzi si spostavano rispetto alle coordinate date al 118 e nel frattempo si era spento il cellulare: bisogna saper gestire la batteria».
L’Appennino è pericoloso in questo periodo?
«Direi piuttosto che non va preso sottogamba. L’Appennino è considerato dagli escursionisti più “facile” delle Alpi, ma d’inverno può essere molto severo. Soprattutto in determinate condizioni meteo frequenti negli ultimi giorni: la nebbia (con il manto nevoso disorienta molto), le bufere di nevischio, il vento forte. Oltre al tragitto, occorre valutare bene il meteo: se ci sono queste condizioni, meglio lasciar perdere». © RIPRODUZIONE RISERVATA