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Incendio Inalca, la paura dei residenti: «Sembrava di essere nei roghi di Los Angeles: siamo fuggiti dalle nostre case»

Ambra Prati
Incendio Inalca, la paura dei residenti: «Sembrava di essere nei roghi di Los Angeles: siamo fuggiti dalle nostre case»

Reggio Emilia, nelle palazzine tra via Due Canali e via Cisalpina il passaparola: «Uscite, presto». Anziani, giovani e mamme con neonati si sono rifugiati lontano dalle fiamme per alcune ore

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Reggio Emilia «All’una ero in bagno: ho sentito prima degli strani rumori, come dei crepitii, poi un boato. Siamo rimasti in casa, ma le mura sono diventati roventi per il calore e a quel punto siamo scappati». A parlare è Andrea Cocan, 23 anni, residente al civico 9 di via Due Canali. «Io invece, sentendo quei rumori, li ho scambiato per i fulmini di un temporale», fa eco Vanna. L’ala sud dello stabilimento Inalca, dove si è sviluppato l’incendio, sul lato verso via Cisalpina confina con tre palazzine di quattro piani (una in fila all’altra, i civici 11, 9 e 7), un cortile interno ghiaiato e altri due palazzine da tre piani. Le prime tre, nonostante un muro in mattoni e una divisoria in altezza, sono state le più esposte, anche perché il vento tirava in quella direzione.

Nella notte di paura non c’è stato alcun ordine di evacuazione per i residenti; non è stato necessario, una volta disinnescato il pericolo principe del deposito di ammoniaca. Eppure l’allarme e la paura hanno fatto sì che all’una i referenti di condominio siano andati a bussare porta per porta, avvisando le persone che era meglio uscire e spostare le auto. Giovani, anziani, mamme con neonati: l’esodo provvisorio – durato qualche ora, il tempo di avere rassicurazioni dai pompieri – ha riguardato un centinaio di residenti che sono rimasti nello spiazzo del mercato ortofrutticolo o in auto per ripararsi dal freddo. «Ci siamo evacuati e sfollati da soli, per paura», racconta Vanna Lesca, 66 anni. «All’una mi ha chiamato una mia amica per dirmi di uscire. Ho tentennato, poi ho sentito bussare a tutte le porte del condominio e mi sono vestita. Le fiamme illuminavano a giorno e il fumo avvolgeva la zona “a cerchio”: sembrava di essere nell’incendio di Los Angeles. Alle 3, quando il peggio è passato, sono rientrata. Non è stata una bella esperienza, ho anche temuto di rimanere senza casa. Stamattina (ieri, ndr) il Comune ci ha raccomandato di tenere le finestre chiuse: lo sapevo già. Guardi: dalla mia finestra si vede ancora bruciare».

I coniugi Anna Arati e Pietro Pastore, rispettivamente 87 e 92 anni, sono stati svegliati dal vicino. «Abbiamo preso l’auto e ci siamo davanti al mercato ortofrutticolo – dice la moglie – Mio marito è malato, fa fatica a respirare e non poteva prendere freddo. Abbiamo aspettato un po’, poi siamo rientrati». Rama Kandji, giovane mamma africana, ci apre la porta con il neonato in braccio. «Ho tre figli di otto anni, tre anni e sei mesi. Mio marito era al lavoro quando ci ha svegliato il vicino. Siamo usciti in pigiama: ho spostato l’auto e tenuti i bambini». La 23enne Andrea a mezzogiorno era ancora insonnolita. «Mi scusi ma non ho chiuso occhio, è stata una nottata di terrore». La giovane risiede con la madre di 53 anni ed era sveglia quando ha udito un’esplosione. «Mi sono affacciata alla finestra e il panorama era impressionante». Ma è passata mezz’ora prima che il vicino suonasse ad ogni campanello. «A quel punto ci siamo vestite e siamo scese, anche perché l’appartamento ha cominciato a scaldarsi in modo preoccupante: le finestre non si potevano toccare, c’è chi ha avuto la tapparella liquefatta. In cortile l’aria era irrespirabile. In auto abbiamo parcheggiato al Foro Boario».  © RIPRODUZIONE RISERVATA