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Emergenza occupazionale

Incendio Inalca, cosa succederà ai 196 lavoratori? Primo accordo per la cassa integrazione

Ambra Prati
Incendio Inalca, cosa succederà ai 196 lavoratori? Primo accordo per la cassa integrazione

Partecipatissima l’assemblea dello stabilimento devastato dal maxi rogo L’annuncio: siglata la cassa integrazione dall’11 febbraio al 9 maggio (rinnovabile)

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Reggio Emilia «Ho 52 anni. Ho detto sì a una trasferta a Piacenza: dopo una settimana la mia collega era dimagrita, io ero stanchissima, non c’era spazio per tutti nella nuova sede e soprattutto il turno pomeridiano vuol dire stare fuori casa undici-dodici ore: dalle 10.30 alle 20.30». Questo uno degli interventi arrivati dalla platea di lavoratori Inalca e Ges.car del Gruppo Cremonini. C’erano tutti, all’attesa assemblea plenaria indetta dai sindacati unitari (Cgil, Cisl e Uil) per i lavoratori rimasti senza stabilimento dopo il mega incendio. Il rogo che nella notte tra il 10 e l’11 febbraio (con la “coda” del grosso focolaio riaffacciatosi la sera del 13) ha devastato lo storico polo di lavorazione della carne è partito proprio da un vano dell’edificio Inalca e da allora alcuni lavoratori (80 la scorsa settimana, la prossima saranno un centinaio) hanno iniziato le trasferte nelle tre sedi del Gruppo: Castelvetro (Bo), Pegognaga (Mn) e Piacenza. La produzione non si può fermare e finora le notizie, per i dipendenti, si sono accavallate in modo discordante via chat. La riunione di ieri pomeriggio è stato il primo confronto pubblico di “ascolto” e la palestra Galilei di Massenzatico ha registrato il pienone. Dopo una breve comunicazione da parte dell’azienda («abbiamo Reggio in testa giorno e notte, non sappiamo se il sito verrà ricostruito ma cercheremo di ricollocarvi nelle sedi più vicine»), la parola è passata ai sindacalisti.

C’è l’ufficialità sulla cassa integrazione ordinaria: è stata ottenuta una “Cigo” per tredici settimane (fino al 9 maggio), ovviamente rinnovabile, per tutti i 196 dipendenti, che coprirà l’intero periodo a partire dal giorno dell’incendio (11 febbraio). Una prima tutela certa, con un “ma”: venerdì scorso le proprietà non hanno trovato l’accordo per anticipare la cassa – come richiesto dai sindacati, per non far aspettare per mesi l’attivazione dell’iter i datori di lavoro dovrebbero anticipare le somme che poi verranno rimborsate – e la trattativa, su questo punto e su altre questioni, è stata aggiornata a martedì 18 nella sede di Unindustria, in via Toschi. A seguire le donne e gli uomini, accorsi in massa e seduti sulle gradinate, hanno preso il microfono. Tante le perplessità, i timori e le preoccupazioni di questi lavoratori che stanno giocando una partita in proprio, visto che il centinaio di addetti di Fabbrica del Lavoro (la logistica in appalto di Inalca) sono già fuori gioco e inseguono la Fis (un gradino sotto la cassa), mentre Quanta Stock&Go (un centinaio di addetti di Coopservice e Transcoop a servizio del monocommittente CirFood) sono stati convocati per il 29 febbraio: sulla carta sono quelli con maggior futuro, poiché CirFood ha annunciato la volontà di costruire un nuovo magazzino sul territorio, ma per la catena del freddo per le mense di scuole e ospedali servirà uno stabilimento ad alta tecnologia e di conseguenza un investimento importante. La prima signora, a nome delle donne “del porzionato” che ha sottolineato un aspetto: «Ho iniziato a 20 anni a Bologna, per anni ho fatto un sacrificio, certa che sarei stata ricompensata. Oggi ho 52 anni, non posso aspettare e mi chiedo se valga la pena di sottoporsi a massacranti trasferte. E se dopo due anni di trasferta verrò lasciata a casa, dove andrò a 54 anni?». Una collega ha avanzato una proposta. «Non è possibile il ricollocamento in altre aziende? Si faceva così ai tempi di Unipeg». «Anziché prendere gli interinali – le ha fatto eco un altro – potrebbero prendere noi che abbiamo esperienza».

E ancora: «All’interno del sito c’è una parte non intaccata dalle fiamme, dove una volta si lavorava il suino prima di cederla a Granterre. Non si potrebbe ricavare lì un reparto produttivo temporaneo?». Ipotesi non peregrina, ma occorre la disponibilità di Salumifici Granterre, proprietario dell’area e dell’unico capannone non intaccato dalle fiamme e attivo. La giornata lunghissima in trasferta è stato il leit motiv ricorrente da parte di entrambi i sessi. «Per le madri lavoratrici, con i figli che vanno a scuola, come si fa a stare fuori 12 ore? Me lo chiedo da uomo: se capita un’emergenza e il bimbo è malato che succede?». Non solo bambini. «Io accudisco i genitori anziani: lo spostamento è un problema, dovete tutelare chi non può spostarsi perché temo che non sarà per pochi mesi». Numerose le situazioni di famiglie monoreddito. Mentre al tavolo i coordinatori parlano, una signora si confida: «Sono sola con due figli. Non posso permettermi di prendere il misero reddito della cassa: con meno di 1.200 euro è impossibile vivere, andrò dove vogliono». L’amica replica: «Io ho un figlio disabile: mi chiamano spesso da scuola. Non posso andare lontano, sono costretta a stare qui». Gli uomini hanno posto l’accento su modalità e oneri, da chiarire, degli spostamenti. «Le spese che si sostengono per il trasferimento chi le paga? Finora andavo al lavoro in bicicletta. Ora vado in macchina, ma tra benzina e autostrada è un onere aggiuntivo non indifferente». Un operaio chiede: «Posso provare ad andare in trasferta, ma se poi ci ripenso ho diritto alla cassa integrazione?». Assolutamente sì, è stata la risposta, la Cigo è la rete protettiva per tutti. «Quanto dureranno queste trasferte?», è stato l’interrogativo principe – al quale nessuno è stato in grado di rispondere – sollevato da un operaio. «Io sono stato assegnato a Castelnuovo Rangone, dove mi reco in autonomia. L’intero reparto di porzionato suino è stato buttato lì senza un’indicazione, a parte la riunione il primo giorno; poi siamo stati lasciati soli. Non è il massimo». Qualcuno ha invocato l’intervento dello Stato. «C’è la possibilità che la Regione e il Governo contribuiscano alla ricostruzione dell’impianto a Reggio?». Un’altra ipotesi rimasta a mezz’aria. Non sono mancati i casi personali specifici, come un operaio che ha dato la dimissioni per pensionamento anticipato a partire dal 30 aprile. «Ero assente perché sto smaltendo 200 ore di ferie arretrate, ora c’è un periodo scoperto: cosa devo fare?». © RIPRODUZIONE RISERVATA