Pestaggio in carcere: agenti condannati ma non fu tortura
Condannati poliziotti della penitenziaria accusati, a vario titolo, anche di lesioni e falso
Reggio Emilia Sono stati condannati in primo grado, ma a pene più basse di quelle chieste dalla Procura, i 10 agenti in servizio nel carcere di Reggio Emilia, che dovevano rispondere a vario titolo dei reati di tortura, lesioni e falso.
Il 3 aprile del 2023 se l'erano presa con un detenuto tunisino appena uscito dall'ufficio della direttrice, a cui aveva rivolto pesanti insulti. L'uomo era stato incappucciato con una federa stretta al collo, fatto cadere a terra con uno sgambetto, denudato, picchiato con calci e pugni e calpestato. Poi lasciato in cella, nudo dalla cintola in giù per oltre un'ora, nonostante le richieste di cure mediche ottenute dopo essersi ferito i polsi con i cocci dei sanitari.
Una sequenza che è stata interamente immortalata delle telecamere interne al carcere. Il pubblico ministero aveva chiesto cinque anni e otto mesi di reclusione per l'unico agente ritenuto responsabile di tutte le imputazioni, cinque anni per chi era accusato di tortura e lesioni e due anni e otto mesi per due poliziotti che devono rispondere di falso, in quanto avrebbero cercato di manipolare le prove. Il giudice del tribunale reggiano ha però stabilito che non si è configurata la fattispecie del reato di tortura, bensì quella di "abuso di autorità contro detenuto in concorso".
Ugualmente "depotenziata" l'accusa di lesioni, commutata in "percosse aggravate". Come risultato le condanne- sospese- vanno da quattro mesi ad un massimo di due anni. Tra 90 giorni le motivazioni della sentenza di primo grado. Quattro le parti civili a processo: il detenuto vittima del pestaggio, i garanti nazionale e regionale dei detenuti (insieme) e le associazioni Antigone e Yairaiha.