Gazzetta di Reggio

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Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale

Il burn-out da lavoro è un’emergenza: un dipendente su tre ha sintomi di esaurimento e stress

Il burn-out da lavoro è un’emergenza: un dipendente su tre ha sintomi di esaurimento e stress

Sempre più lavoratori ricorrono alla psicoterapia e alle consulenze

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Roma La qualità del lavoro e le difficoltà che ogni giorno i salariati o i liberi professionisti si trovano ad affrontare sono state oggetto dell’8° rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato da Fondazione Censis, istituto di ricerca indipendente con 60 anni di studi e ricerche e la società Eudaimon, leader nei servizi per il welfare aziendale, con il contributo di istituti di credito e aziende private. Dallo studio emerge con forza una necessità: conciliare lavoro e benessere fisico e psicologico non è più una opzione ma una necessità. Lo conferma il dato allarmante sulla diffusione del burn-out, la sindrome legata allo stress lavoro-correlato. Dallo studio, presentato nei giorni scorsi a Roma emerge che il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha provato sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro, le tradizionali forme di burn-out.

Questo stato psicologico coinvolge il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti, e il 23,0% dei dipendenti più anziani. Molte le sofferenze sperimentate dai dipendenti poiché il 73% ha vissuto situazioni di stress o ansia legate al lavoro, che hanno comportato squilibrio tra vita privata e lavoro, incapacità di reggere le responsabilità quotidiane, sensazioni di eccessiva pressione, la frustrazione per via del mancato supporto da parte del datore di lavoro, la convinzione di non operare in ambiente lavorativo buono e sano, e infine la difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa dello stress. Il dato più preoccupante vede un terzo dei dipendenti ricorrere a interventi clinici di psicoterapia e al counseling a causa del proprio lavoro. Sotto osservazione soprattutto quella che gli esperti chiamano “sindrome da corridoio”, l’osmosi di ansie e disagi tra lavoro e vita privata, che riduce drasticamente il benessere soggettivo, la qualità della vita e la salute mentale. Il 25,7% dei dipendenti si porta al lavoro i problemi di casa, privati, con effetti negativi sulla performance lavorativa, il 36,1% si porta i problemi lavorativi a casa con effetti negativi sulle relazioni familiari, amicali. Si portano a casa i problemi lavorativi con relativi effetti negativi il 41% dei più giovani, il 34,9% degli adulti e il 33,7% dei più anziani. Si portano invece al lavoro i problemi di casa restandone negativamente condizionati, il 22,7% dei dipendenti giovani, il 29,2% dei dipendenti adulti e il 20,6% dei più anziani. Per affrontare gli effetti delle sofferenze da lavoro è forte la richiesta di tempo: per sé stessi e le cose che piacciono, per stare di più con amici e parenti, per svolgere attività fisica o culturale o solo per riposare.

Dalla ricerca emerge infine che per ridurre il burn-out i lavoratori dipendenti mettono ai primi posti come esigenze il buon rapporto con superiori e colleghi, cioè un buon clima aziendale, la possibilità di operare con un certo grado di autonomia, un vero bilanciamento tra vita privata e lavoro, la flessibilità degli orari, la valorizzazione aziendale e l’uso anche di tecnologie che consentano il lavoro a distanza. «La ricerca dimostra che ormai quando entrano in azienda le persone non rinunciano all’obiettivo del proprio benessere olistico, cioè psicofisico e sociale - ha dichiarato Giorgio De Rita, segretario generale del Censis - tuttavia, sono ancora molte le situazioni di stress legate al lavoro e in particolare la sindrome da corridoio, cioè l’osmosi di ansie e disagi tra lavoro e vita privata. Attrarre e trattenere lavoratori significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative».