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Il femminicidio

Saman, oggi via al processo d’Appello: la Procura vuole la condanna di tutti gli imputati

Jacopo Della Porta
Saman, oggi via al processo d’Appello: la Procura vuole la condanna di tutti gli imputati

La 18enne è stata uccisa dalla famiglia perché si era ribellata. Stavolta in aula anche la madre, estradata dopo la fine del processo di primo grado

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Novellara L’ultimo atto della tragedia di Saman, uccisa nelle campagne di Novellara il primo maggio 2021, non è ancora stato scritto. La sentenza di primo grado del dicembre 2023 non ha dissipato tutti i dubbi e la verità processuale emersa lascia aperti ancora molti interrogativi. Davvero il delitto non fu premeditato e venne deciso soltanto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, come hanno sentenziato i giudici di primo grado? Oppure il piano per ucciderla era stato concepito sin dai primi giorni del suo rientro in casa, come ritiene la procura? È credibile che il rifiuto del matrimonio combinato non abbia avuto un ruolo nella decisione di sopprimere la giovane? E un delitto d’onore, quale è stato quello di Saman, davvero non configura il movente come futile e abietto, come si legge nella sentenza? Giovedì mattina, in Corte d’Assise d’Appello a Bologna, accusa e difese si troveranno di nuovo di fronte per far valere le loro ragioni e darsi battaglia. La procura chiederà di riaprire il dibattito per portare nuove prove e riascoltare alcuni testimoni. Si parte dal verdetto di primo grado, che ha condannato all’ergastolo i genitori della giovane, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, e a 14 anni lo zio Hasnain Danish. Loro tre sono stati collocati senza ombra di dubbio sulla scena del delitto. Quella notte la 18enne uscì con mamma e papà e poi insieme a Nazia si diresse nel buio. Dall’altra parte, non inquadrato dal sistema di videosorveglianza dell’azienda agricola di via Colombo, c’era lo zio. I cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ijaz Ikram, invece, sono stati assolti. Non avrebbero preso parte all’omicidio, né alla soppressione del cadavere, sepolto sotto un metro e mezzo di terra in un vicino casolare.

La madre in aula

La novità più rilevante di questo secondo atto è la presenza in aula della madre di Saman, Nazia Shaheen, estradata dal Pakistan soltanto dopo la conclusione del processo celebrato a Reggio Emilia. Aspettarsi un contributo di verità da parte sua appare un auspicio ottimistico, almeno considerando il modo in cui parlava dal Pakistan al figlio rimasto in Italia: non ha mai mostrato pentimento ma solo determinazione nel volere mettere a tacere Alì Haider. Piuttosto, ancora una volta il fratello di Saman, che ha appena compiuto 20 anni e continua ad essere seguito dai servizi sociali dell’Unione Bassa Reggiana, sarà al centro della scena.  Ali Haider è stato il primo a incrinare il muro di menzogne degli Abbas. Fu lui a dire ai carabinieri e poi a un giudice, in sede di incidente probatorio, che la sorella era stata uccisa, anche quando il corpo non era ancora stato ritrovato.Durante il processo, il giovane, assistito prima dall’avvocata Valeria Miari e poi da Angelo Russo, ha mostrato il suo travaglio interiore, il progressivo avvicinamento alla sorella e il ripudio del gesto dei genitori. La sua figura è stata demolita dai difensori degli imputati e la stessa Corte ha minato il valore delle sue dichiarazioni, sostenendo che la procura avrebbe dovuto indagarlo. Di conseguenza, la sua testimonianza è stata depotenziata. Non a caso, il giovane, al quale è stato negato il risarcimento in primo grado, è l’unica parte civile ad aver presentato ricorso in appello. In gioco non ci sono certo dei soldi, ma il riconoscimento della genuinità del suo percorso. Il suo legale ha chiesto la revoca di due ordinanze della Corte d’Assise. La prima stabilisce che il fratello non può essere considerato un testimone puro, ma rientra nella categoria di “dichiarante indagato in procedimento connesso”. La seconda esclude l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di incidente probatorio nel 2021. Anche per la procura di Reggio Emilia è fondamentale che la sua testimonianza rientri nel processo dalla porta principale. Per questo i magistrati chiederanno il rinnovo dell’istruttoria, con l’introduzione di nuove prove e testimonianze. L’accusa ha richiesto la riapertura del dibattimento in Corte d’Appello per riascoltare non solo il fratello, ma anche alcuni testimoni chiave, tra cui il datore di lavoro del padre di Saman, Ivan Bartoli; il proprietario del negozio Punjabi Market, Singh Taswinder, dove furono acquistati i biglietti per il Pakistan; il maggiore Maurizio Pallante e l’archeologo forense Dominic Salsarola. La Corte d’Assise di Bologna domani dovrà decidere se accogliere la richiesta di rinnovare l’istruttoria. Una scelta che inciderà non poco sulla durata e lo svolgimento del secondo grado.

Il nodo della premeditazione

La procura, che chiede la condanna di tutti gli imputati per concorso in omicidio premeditato e soppressione di cadavere, chiede di acquisire la relazione Arpa del 24 settembre 2024, che attesta l’assenza di eventi meteorologici rilevanti quel giorno. Questo elemento smentirebbe la tesi della difesa, secondo cui i cugini e lo zio di Saman il 29 aprile, quando furono ripresi con le pale in mano, avrebbero dovuto svolgere lavori urgenti per riparare danni causati dal maltempo. Tra le nuove prove che la procura chiede di acquisire c’è anche un video che mette in sequenza le registrazioni delle telecamere dell'azienda Bartoli e dell’abitazione di un vicino tra il 29 aprile e il 1° maggio 2021. L’accusa sostiene che la visione frammentata delle registrazioni abbia impedito una ricostruzione chiara dei movimenti degli imputati.  Nel ricorso firmato dal pm Maria Rita Pantani e dal procuratore Calogero Gaetano Paci si chiede anche che venga riconosciuta la sussistenza dei motivi abietti e futili. Questo non cambierebbe la posizione dei genitori, già condannati all’ergastolo, ma farebbe la differenza per lo zio Hasnain Danish. Se questa impostazione fosse accolta, allo zio non potrebbe essere riconosciuto il rito abbreviato e la pena sarebbe rivista: vale a dire, ergastolo o 30 anni. Lo zio punta allo sconto L’avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio, ha presentato ricorso per contestare il concorso morale di Hasnain nel delitto. I giudici ritengono che i genitori di Saman lo abbiano informato del loro piano la notte stessa e a questo proposito fanno riferimento alla serie di telefonate intercorse tra Shabbar e lo zio poco prima dell’uscita di casa della ragazza con i genitori. Per il legale, tuttavia, non esiste alcun elemento che suffraghi questa tesi, dato che il contenuto delle telefonate non è noto. Gli avvocati difensori dei cugini Nomanulhaq e Ijaz, assolti in primo grado, puntano, ovviamente, alla conferma della sentenza. Luigi Scarcella e Mariagrazia Petrelli hanno depositato una memoria difensiva nella quale sostengono che le motivazioni della sentenza di primo grado sono già sufficienti a giustificare l’assoluzione e che le richieste della procura sono inammissibili, superflue o basate su elementi già valutati. Gli avvocati dei genitori hanno presentato ricorso per revocare l’ergastolo ai loro assistiti. Simone Servillo, difensore della madre, non solo nega la ricostruzione accusatoria, ma sostiene che la donna non avrebbe potuto avere un ruolo decisivo, anche in virtù del contesto culturale di provenienza.

Lo zainetto di Saman

L’avvocata Sheila Foti, che assiste il padre Shabbar, ha depositato una consulenza tecnica per contestare un aspetto di cui si è parlato molto. Tutti hanno visto il filmato che mostra Shabbar tornare a casa con in mano lo zainetto di Saman, pochi minuti dopo che la figlia si era avviata nel buio con la madre. Per la difesa, però è improbabile che l’oggetto trasportato successivamente sia lo stesso zaino visto nel primo intervallo temporale, a causa delle differenze nella forma, nel peso e nel modo di trasporto. In Appello saranno presenti tutte le parti civili, tra cui il fidanzato di Saman Ayub Saqib, assistito da Barbara Iannucelli e Claudio Falleti. In primo grado anche a lui è stato negato il risarcimento. «Non abbiamo fatto ricorso - dice l’avvocata Iannuccelli - Il nostro unico interesse in questo processo è quello di vedere confermato l’ergastolo ai genitori di Saman». © RIPRODUZIONE RISERVATA