«Concorso esterno alla ’ndrangheta, processate i due ex sindaci di Brescello»
La pm Beatrice Ronchi della Dda chiede il rinvio a giudizio per Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini
Brescello «Processate gli ex sindaci Vezzani e Coffrini». È la richiesta presentata dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Bologna Beatrice Ronchi nei confronti degli ex sindaci di Brescello, Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini, nel corso dell’udienza preliminare durata sei ore che si è svolta ieri davanti al Gup Roberta Malavasi. Il procedimento giudiziario è per associazione di tipo ’ndranghetistico e vede dodici imputati, tra i quali alcuni membri della famiglia Grande Aracri. Vezzani e Coffrini sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa: secondo l’accusa avrebbero contribuito, pur senza farne parte, alla realizzazione degli obiettivi e al rafforzamento della cosca a Brescello. Al mattino l’avvocato Filippo Giunchedi, difensore dell’imputato Claudio Bologna, ha presentato un’eccezione in seguito alla quale il giudice ha dichiarato inammissibile la costituzione come parte civile della Cisl Emilia Romagna perché presentata ieri e, di conseguenza, giudicata tardiva. L’ora successiva è stata incentrata sulla definizione delle richieste di patteggiamento per nove imputati (Salvatore Grande Aracri, Claudio Bologna, Albino e Giuseppe Caruso, Paolo Pucci, Devid Sassi, Pascal Varano, Leonardo Villirillo e Mauro Usuardi). Uno di loro, Salvatore Grande Aracri, difeso dall’avvocato Giuseppe Migale Ranieri, punta a 18 mesi di patteggiamento per usura e riciclaggio (entrambe le imputazioni con aggravante mafiosa). Rosita Grande Aracri, assistita dagli avvocati Mara Campagnolo e Carmine Curatolo, ha chiesto il rito abbreviato che dovrebbe svolgersi il 20 maggio.
Gli ex sindaci Vezzani e Coffrini - difesi il primo dagli avvocati Valeria Miari e dall’avvocato Alessio Fornaciari, e il secondo dai legali Mario L’Insalata e Eleonora Ciliberti - non hanno scelto riti alternativi. Il momento clou dell’udienza è stato l’interrogatorio di oltre due ore di Marcello Coffrini, che ha parlato per la prima volta, già assessore all’urbanistica nella giunta Vezzani e poi primo cittadino fino allo scioglimento del Comune di Brescello per infiltrazioni mafiose nel 2016. L’ex sindaco ha ripercorso alcuni aspetti generali del suo ruolo per poi entrare nel dettaglio dei singoli episodi contestati, contenuti anche nella relazione della commissione d’indagine prefettizia, che portò allo scioglimento del Comune. Secondo l’accusa, furono rilasciati permessi di costruzione senza la necessaria documentazione, affidati lavori in modo illegittimo, tollerati abusi edilizi e assegnati alloggi di edilizia residenziale a parenti di esponenti della cosca senza averne diritto. Coffrini ha rivendicato la correttezza del proprio operato. «Tutti gli atti amministrativi di cui si contesta la legittimità – afferma l’avvocato Mario L’Insalata che difende l’ex primo cittadino insieme alla collega Eleonora Ciliberti – in parte riguardano periodi che non erano di sua competenza o irrilevanti ai fini di un ipotetico rafforzamento del sodalizio mafioso». Coffrini è stato incalzato dalla pm Ronchi sia sul radicamento del clan sul territorio sia sull’intervista a Cortocircuito. Per la difesa lo scopo di Coffrini era contestare l’identificazione del paese di Brescello con la ‘ndrangheta. Nella prossima udienza parleranno i legali dei due ex sindaci e delle parti civili, inoltre saranno definiti i patteggiamenti. l © RIPRODUZIONE RISERVATA