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Il delitto di Novellara

Saman, la testimonianza del fratello Ali Haider: «Lo zio l’ha presa per il collo e c’erano i cugini»

Jacopo Della Porta
Saman, la testimonianza del fratello Ali Haider: «Lo zio l’ha presa per il collo e c’erano i cugini»

Il drammatico racconto in Corte d’Assise d’Appello di Bologna

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Bologna «Come testimone lei ha l’obbligo di dire la verità, un dovere non solo giuridico ma anche morale nei confronti di sua sorella». Con queste parole il presidente della Corte d’Assise d’Appello di Bologna, Domenico Stigliano, ha accolto il fratello di Saman, ieri tornato in aula nelle vesti di testimone e non di persona potenzialmente indagabile.

Ali Haider ha ripetuto, a fatica, quanto già detto a Reggio Emilia nell’ottobre 2023. «Ho visto mio zio che prendeva per il collo mia sorella vicino alle serre». Alla pm della Dda, Silvia Marzocchi, che gli ha chiesto chi ci fosse oltre allo zio Danish Hasnain, dopo una lunga sospensione e reiterate domande, anche da parte del presidente della Corte, ha risposto: «C’erano i cugini, Noman e Ikram, ho visto la loro faccia». I cugini, lo ricordiamo, sono stati assolti in primo grado, mentre lo zio è stato condannato a 14 anni e i genitori all’ergastolo. 

Testimonianza sofferta è un’espressione alla quale si ricorre spesso per deposizioni delicate. In questo caso non si tratta di un luogo comune. Ali Haider ha risposto bisbigliando e a monosillabi.

Per molti è stato difficile capire cosa stesse dicendo.

Il giovane ha sentito tutto il peso di ritrovarsi nella stessa aula con i genitori, Shabbar e Nazia, che non vedeva dal primo maggio 2021, quando la sorella fu uccisa nelle campagne di Novellara e loro scapparono precipitosamente in Pakistan. 

La madre si è presentata avvolta in uno chador color rosa panna, e non scuro come alla prima udienza, e in seguito si è anche tolta la mascherina chirurgica. Ha cercato insistentemente il figlio con lo sguardo, facendosi largo con gli occhi tra gli spiragli del paravento dietro al quale Ali Haider è stato protetto.

Al fratello le parole sono state tirate fuori con le tenaglie e, tra le poche che ha detto, “non ricordo” e “non capisco” sono state le più frequenti.

La sua condizione emotiva è apparsa talmente destabilizzata che, dopo 45 minuti, quando si parlava del momento in cui Saman uscì di casa per scomparire nella notte per sempre, il presidente della Corte ha chiesto una sospensione. Al rientro è apparso un po’ più incisivo.

Le domande si sono incentrate sugli ultimi giorni di vita della 18enne, dopo il rientro a casa il 20 aprile 2021. Ali Haider ha confermato che gli era stato chiesto di spiare le chat tra la sorella e il fidanzato, Ayub Saqib.

Poi ha ribadito di averle mostrate al padre Shabbar solo la sera del 30 aprile, quando in casa scoppiò una lite. «Si è molto arrabbiato», ha detto. «Mia sorella disse che non era vero, poi prese le sue cose e voleva andare via».

I genitori, allora, diedero a Saman dei fogli. «Sono sicuro al 100% che non erano i documenti, erano stati nascosti». Mentre usciva dal casolare di via Cristoforo Colombo, Nazia cercava di trattenerla.

In diversi punti il 20enne è apparso molto indeciso, soprattutto quando le domande vertevano sui genitori, nei confronti dei quali nutre evidentemente ancora affetto.

La deposizione, iniziata alle 16.30, è stata interrotta alle 18 e proseguirà nell’udienza della prossima settimana. Il dato significativo è che Ali Haider ha ribadito quanto detto in primo grado, con la differenza che a Bologna la sua deposizione non parte depotenziata dalle ombre di un suo possibile coinvolgimento nell’uccisione di Saman (circostanza che è stata esclusa).

L’avvocato Angelo Russo ha detto che il giovane, nonostante abbia chiesto di essere protetto dallo sguardo dei genitori durante la deposizione, vorrà rimanere in aula per poter stare vicino a loro. Una posizione apparentemente contraddittoria, ma soltanto se non si è disposti a provare un po’ di empatia per tutto quello che ha passato e per le lacerazioni del suo cuore diviso.

Il pomeriggio di ieri si è aperto con la proiezione in aula di un video realizzato dai carabinieri di Reggio Emilia, contenente immagini e filmati acquisiti dal sistema di videosorveglianza dell’azienda Bartoli, nel cui perimetro viveva la famiglia Abbas, e di un’abitazione privata situata poco distante. Nel video sono stati assemblati elementi già acquisiti agli atti nel processo di primo grado – e ampiamente pubblicati sui giornali e trasmessi in televisione – oltre ad alcune nuove ricostruzioni realizzate per mostrare ciò che accadeva nelle zone d’ombra delle telecamere. Il documento contiene anche immagini dall’alto per permettere alla Corte di comprendere meglio la scena in cui si sono svolti alcuni eventi rilevanti.

In particolare, il video mostra alcune scene del 29 aprile 2021, giorno in cui i cugini e lo zio transitarono nel cortile dell’azienda con due pale e un secchio; del 30 aprile, poco prima del delitto; e infine dei primi minuti del primo maggio, quando Saman uscì di casa con i genitori per poi scomparire nel buio. Il filmato mostra anche il padre che, successivamente, uscì nei campi e tornò a casa con quello che si ritiene essere lo zaino con cui la figlia era uscita poco prima.

Gli avvocati degli imputati hanno chiesto di non acquisire questa prova. La Corte, dopo una rapida camera di consiglio, ha deciso di ammetterla limitatamente alle immagini già acquisite in primo grado, con esclusione delle elaborazioni grafiche successive.

Durante la visione in aula, Shabbar ha tenuto lo sguardo fisso sul monitor, mentre la madre non ha guardato un solo istante. In quei frame si vede il momento in cui lei ha accompagnato la figlia alla morte.