Gazzetta di Reggio

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L’8 marzo a Reggio Emilia

In centinaia in piazza Martiri per chiedere la parità di genere. «Niente mimose, diritti»

Serena Arbizzi
In centinaia in piazza Martiri per chiedere la parità di genere. «Niente mimose, diritti»

Numerose donne hanno preso la parola per denunciare quanto sia necessario lottare per abbattere le diseguaglianze di genere, contrastare la violenza sulle donne e fermare la guerre

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Reggio Emilia «Per il nono anno consecutivo lasciamo le mimose sulle piante e chiamiamo allo sciopero transfemminista dal lavoro produttivo, riproduttivo e di cura. Abbattiamo i ruoli e le aspettative di genere per boicottare la riproduzione di un sistema sociale sempre più violento e autoritario, fondato sullo sfruttamento e sul controllo».

A centinaia sono accorsi in piazza Martiri accogliendo la chiamata di Non Una Di Meno e partecipando al percorso di mobilitazione per la giornata internazionale della donna: Nondasola, Coordinamento Rabûn, LabAq16, Città Migrante, Casa Bettola, Adl Cobas, Cgil, Fiom, Collettivo Ludovica, Spazio Donna, Extinction Rebellion, Assemblea Bosco Ospizio, Murga L'oka, Coro L'Amata Rossa, Gatte Morte, Assemblea Reggiana per la Palestina, Bds Reggio Emilia, Donne in nero, Donne Libertarie, Amnesty Reggio Emilia.

Numerose donne hanno preso la parola per denunciare quanto sia necessario lottare per una vera parità e quanto questa lotta sia necessaria sotto numerose sfaccettature.

Tra le relatrici della mobilitazione dell’8 marzo anche Ilaria Mezzenzana del gruppo di cittadini che si batte per il Bosco di Ospizio. «Siamo qui l’8 marzo – esordisce Ilaria – perché ci fanno credere che lo sviluppo coincida con la crescita», e ha proseguito sottolineando le analogie tra la lotta per i diritti femminili e quella per il Bosco di Ospizio.

Sara Marzolino di Lab Aq16 cita il recente inasprimento della pena sul femminicidio con l’ergastolo: «Non crediamo che sia questo che fermerà la violenza contro le donne. Così come non è con le zone rosse che si combatte la microcriminalità», dice Marzolino alludendo alla situazione alla stazione ferroviaria. «Servono progettualità, metodi inclusivi – aggiunge –. Le misure repressive non fanno altro che illudere che l’unica misura sia questa. L’8 marzo, inoltre, non può essere lasciato a neofascisti come Fiore. O alla “Rete dei patrioti”, cacciati da Bologna grazie alla reazione dei cittadini, ma che il 29 marzo hanno annunciato una manifestazione qui», rimarca Sara, ricordando che il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, aveva annunciato la propria presenza in città ieri. Visita poi saltata.

Tra cartelli con più slogan, bandiere di più parti sociali e alcune della Palestina, la manifestazione è proseguita con un corteo, al quale hanno preso parte anche il segretario provinciale del Pd, Massimo Gazza, la portavoce provinciale della conferenza donne democratiche, Antonella Incerti, l’assessora alle pari opportunità Annalisa Rabitti. «È importante continuare a celebrare la Giornata internazionale – chiosa Rabitti –. I diritti non sono ancora uguali per tutti, il mondo è in giusto verso le donne. Ringraziamo tutte le donne di ieri che hanno lottato per noi, le donne di oggi e anche le nostre figlie che dovranno fare ancora dei passi per arrivare alla vera parità. Viva le donne viva l’8 marzo».

Tra i partecipanti anche la Cgil: «Siamo in piazza per ribadire che, oggi come tutti i giorni dell’anno, il nostro impegno è quello di individuare e abbattere gli ostacoli che rendono la vita delle donne precaria e insicura nel lavoro e nella vita. E per un lavoro che dia dignità invece di toglierla siamo in campo anche con i cinque referendum sui diritti del lavoro e della cittadinanza».

«Scioperiamo contro la guerra, perché l’escalation bellica è esponenziale ed è diventata una tragica realtà nelle vite di milioni di persone – rimarca Carla Ruffini, di Non Una di Meno –. Scioperiamo contro l’economia di guerra, che sposta le risorse sul riarmo a scapito della spesa sociale e degli investimenti in scuola, università e sanità pubblica. Scioperiamo contro il governo Meloni e l’asse dei governi ultra-reazionari, contro l’abbraccio mortale del capitalismo e i peggiori repertori fascisti, neonazisti, suprematisti. Chi sostiene la cultura patriarcale parla della sicurezza come ordine, controllo, repressione e punizione. La sicurezza è l’educazione alla sessualità, alle emozioni, al consenso come materia curricolare fin dalle primarie».