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Il caso

Accusa un operatore sanitario di averla violentata in ospedale a Bologna

Ambra Prati
Accusa un operatore sanitario di averla violentata in ospedale a Bologna

La giovane di Reggio Emilia, 22 anni, sarebbe stata molestata durante il ricovero. La ragazza ha sporto denuncia. Il dipendente nega con forza: adesso è in ferie

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Reggio Emilia Il giovane operatore socio sanitario nega con forza su tutti i fronti. In attesa che venga fatta chiarezza non ci sono i presupposti per la sospensione dal servizio ma, in via precauzionale, è stato concordato un periodo di ferie. È troppo grave la denuncia presentata da una paziente di 22 anni – originaria della provincia di Reggio Emilia e residente a Bologna – che accusa il dipendente di pesanti avances sessuali mentre si trovava ricoverata all’ospedale Maggiore del capoluogo. La scorsa settimana la 22enne era in una stanza del reparto di Urologia per un problema di salute che le rende difficile anche alzarsi in autonomia. Nella mattinata di venerdì scorso il dolore ha iniziato a inasprirsi e tramite il pulsante di emergenza la paziente ha chiesto assistenza. Dopo qualche minuto, anziché un infermiere, è arrivato un giovane che si è qualificato come operatore socio sanitario e le ha chiesto quale fosse la necessità. La 22enne ha spiegato di stare male domandando se fosse possibile avere un antidolorifico. L’operatore è uscito per consultare un medico, è rientrato, ha tirato la tenda per isolare la zona della camera e ha abbassato il letto, un’operazione che ha reso impossibile alla ragazza alzarsi. L’operatore avrebbe poi iniziato a massaggiarla all’addome, scendendo sino alla zona pelvica tra le proteste della ricoverata, che ha più volte fatto presente come il problema di salute si trovasse nella parte alta dell’addome. L’operatore socio sanitario le avrebbe preso la mano per appoggiarla sulle proprie parti intime e si sarebbe avvicinato con le labbra alla bocca della 22enne che, spaventata e infuriata, ha iniziato a gridare prendendo il telefono per allertare il 112 e la madre, che in seguito le avrebbe trovato dei graffi che la figlia si sarebbe autoinflitta per l’agitazione. Fin qui il racconto della 22enne, che in seguito si è fatta accompagnare al posto di polizia dell’ospedale Maggiore per sporgere querela sull’accaduto.

La reggiana si è rivolta a “Finché non capita a te”, un’associazione che si occupa della tutela delle persone che hanno subìto «situazioni non ancora configurabili come reati, ma che rappresentano comunque delle violenze, abusi verbali e fisici o discriminazioni». Dopo la denuncia, l’Ausl e i poliziotti hanno avviato la procedura di Codice Rosso contro la violenza di genere facendo partire gli accertamenti. Il giovane operatore è stato interrogato: ha negato ogni responsabilità, affermando che la paziente ha equivocato. Non essendoci testimoni, è la parola dell’una contro quella dell’altro. «Anche ieri il presidente dell’associazione Francesco Borrelli è andato in ospedale a far visita alla ragazza – ha detto l’avvocato Pier Francesco Uselli di “Finché non capita a te” –. Se i fatti troveranno conferma, sarebbe gravissimo che l’abuso si sia consumato in ospedale, luogo dove chiunque dovrebbe sentirsi protetto. Dal punto di vista legale aspettiamo sviluppi. In settimana andrò a interloquire con il pm Manuela Cavallo, titolare dell’indagine». © RIPRODUZIONE RISERVATA