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Povertà energetica in Italia: oltre 2 milioni di famiglie non riescono a pagare le bollette, il dato più alto dal 1997

Povertà energetica in Italia: oltre 2 milioni di famiglie non riescono a pagare le bollette, il dato più alto dal 1997

I dati dell’Osservatorio Italiano. La spesa energetica annuale delle abitazioni delle famiglie italiane è aumentata del 32% rispetto al 2021

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L’aumento del prezzo delle materie prime, l’incremento dei costi energetici e le ricadute di questi sui redditi hanno comportato un forte peggioramento del fenomeno della “povertà energetica” in Italia. Oltre 2 milioni di famiglie sono in questa situazione, l’8% del totale delle famiglie; il valore più alto dal 1997. I dati si riferiscono al 2023. Rispetto al 2022, c’è stato un incremento di 1,3 punti percentuali, pari a 340 mila famiglie in più. Il concetto di povertà energetica è banale: significa che il nucleo familiare non riesce a soddisfare bisogni primari come cucinare, illuminare e riscaldare la propria abitazione. E quando ci riesce lo fa destinando una parte sempre crescente, o nel caso peggiore indebitandosi, del proprio reddito. La condizione di povertà energetica è il risultato della combinazione di tre fattori principali: prezzi elevati dell’energia, bassi redditi familiari e inefficienza delle abitazioni e degli elettrodomestici dal punto di vista energetico. Quest’ultimo è un aspetto naturalmente collegato al baso reddito. Nel nostro paese esiste un Osservatorio che monitora e studia la povertà energetica, l’Oipe, ospitato dall’Università di Padova. Quest’Ateneo coordina il lavoro che un network di ricercatori ed esperti, provenienti da università, enti e istituti pubblici e privati, interessati al tema della povertà energetica, svolgono di continuo. Anche l’Istat da alcuni anni propone nel suo rapporto annuale un focus sulla povertà energetica, usando metodi dell’Oipe, e confermandone i dati. In questo caso si fa riferimento al 2022, ma i dati non variano di molto: la spesa energetica annuale delle abitazioni delle famiglie italiane è aumentata del 32 per cento rispetto al 2021.

La famiglia media ha speso 1.915 euro per l’energia utilizzata nella propria abitazione per illuminare, riscaldare, raffrescare e cucinare, circa 500 euro in più rispetto al 2021. Rispetto al 2021, c’è stata una crescita del 50 per cento nel costo medio unitario dell’elettricità e del 34,7 per cento per quello del gas naturale, il principale vettore energetico usato dalle famiglie per la cottura dei cibi, la produzione di acqua calda sanitaria e il riscaldamento delle abitazioni. I quasi 17 miliardi di euro che il governo ha riservato alle fasce più deboli in questi anni hanno attenuato gli effetti negativi sui bilanci familiari. «L’aumento dei prezzi – riporta l’Istat – non ha colpito tutte le famiglie nello stesso modo. In particolare, l’incidenza della spesa energetica sul totale è aumentata per tutte le famiglie, ma le famiglie più povere, che hanno beneficiato non solo delle misure generalizzate di contenimento dei prezzi ma anche di trasferimenti mirati per le famiglie in difficoltà, hanno avuto una crescita della spesa inferiore rispetto alle famiglia media». Anche il risparmio radicale sui costi energetici è indice di povertà, chiamata dall’Oipe “nascosta”, che ha visto crescere questa speciale categoria di famiglie di 239mila unità. Altro dato importante riguarda le famiglie con minore. Il 10,6% delle famiglie con almeno un minore in Italia sono in povertà energetica e risiedono in larga parte al Nord. L’incidenza della povertà energetica nelle famiglie con minori, nel 2023, è naturalmente 2.8 volte più alta nelle famiglie straniere (circa 200 mila famiglie). Sul versante geografico l’Oipe segnala un calo nel numero delle famiglie in povertà energetica nelle Isole e nel Centro, un livello stabile al Nord e una concentrazione più elevata nei piccoli centri e nelle aree suburbane. A livello regionale, la Toscana e le Marche registrano la percentuale più bassa con il 4,5%, la Calabria quella più alta, con il 22,4%. Quest’ultima è anche la regione che registra l’incremento maggiore (+5,7 punti percentuali), a fronte di una riduzione o di una sostanziale stabilità nelle altre regioni italiane. (gcen) © RIPRODUZIONE RISERVATA