Anziana 83enne fa arrestare un truffatore: «Ecco i consigli per non farsi ingannare»
L’uomo, che si era spacciato per un maresciallo, è stato condannato a quattro mesi e 140 euro di multa
Reggio Emilia Ha avuto la lucidità e la prontezza di riflessi di non cadere nella trappola del truffatore che, dopo averle telefonato, si era presentato alla sua porta. E, insieme alla figlia e alla polizia, ha messo a segno una sequenza di azioni che hanno permesso di catturare il presunto truffatore, assistito dall’avvocato Vittorio Spagni. L’uomo ieri è stato condannato a quattro mesi, pena non sospesa, e a 140 euro di multa. Lei è Carla Mariani, ha 83 anni e abita in via Adua, a Reggio Emilia.
Un mese fa ha ricevuto la telefonata da un sedicente maresciallo: «Sua figlia ha provocato un incidente e c’è un’84enne all’ospedale, è stata denunciata. L’assicurazione pagherà 12.500 euro, ma intanto bisogna garantire questa cifra, sua figlia rischia di andare in galera». La figlia di Carla era in casa a pochi metri da lei e l’anziana, la quale aveva partecipato a incontri contro le truffe organizzati dalle forze dell’ordine, ha capito il tranello. E la figlia Caterina ha avvisato immediatamente la questura.
«Mi era già successo due anni e mezzo fa, stavolta il truffatore non ha chiesto soldi, ma come entrare in casa - spiega Carla -. E ha anche specificato che sarebbe arrivato in borghese, e non in divisa, perché mia figlia non voleva creare allarme. Prima hanno voluto sapere il mio cognome, siccome sul campanello ce ne sono due. Non bisogna mai dare informazioni, in quel caso lo abbiamo fatto perché eravamo al telefono con la polizia che ci indicava cosa fare. Nessuno, poi, è autorizzato a ritirare soldi e oro».
«Queste persone tengono d’occhio chi devono colpire - aggiunge Caterina -. Sapevano pure quale fosse a la mia auto. In quel momento era parcheggiata dietro casa, quindi sono entrati in azione perché pensavano che non ci fossi. Invece ero di fianco a mia mamma e, siccome lei ci sente poco, le scrivevo su un foglio le risposte da dare. Quando questa persona ci ha detto che sarebbe arrivata presto abbiamo dovuto tergiversare per dare alla polizia il tempo di arrivare».
Carla ha così detto all’uomo dall’altro capo del filo, Emanuele Rossi, che si doveva vestire. «Abbiamo preso tempo - dicono Carla e Caterina -. Una volta arrivate le Volanti quella persona era davanti alla porta. I complici devono averlo avvisato e lui ha cercato di scappare correndo su per le scale, ma gli agenti hanno presidiato ogni via di fuga fermandolo nell’atrio. Allora lui ha raccontato di essersi pentito e di volere andarsene, ma non quadra che stesse salendo e non scendendo».
«Non sono soddisfatta della condanna - afferma Carla -. Dopo ogni tentata truffa non sono riuscita a dormire, è stato un trauma. Ma è giusto reagire e farli fermare. Voglio che la gente non ci caschi più. Questa condanna non serve a far capire il male provocato». «Vorremmo anche ribadire che far prendere un pregiudicato non è un gioco e si deve fare in sicurezza», annota la figlia.