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Giuseppe Antinori, Gruppo Parkinson Reggio Emilia: «Stimiamo che in provincia ci siano 3mila malati»

Mattia Amaduzzi
Giuseppe Antinori, Gruppo Parkinson Reggio Emilia: «Stimiamo che in provincia ci siano 3mila malati»

Il Parkinson è una malattia che colpisce circa il 5% della popolazione

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Reggio Emilia Giuseppe Antinori, presidente del Gruppo Parkinson Reggio Emilia, racconta quando sia nata l’associazione e i momenti difficili che ha attraversato. «Il Gruppo Parkinson Reggio Emilia nasce 28 anni fa, nel 1997 - spiega Antinori - In un primo momento ha avuto una crescita importante, e poi è praticamente scomparso. Prima del Covid c’erano oltre 100 iscritti alla nostra associazione, ma durante la pandemia siamo passati a zero. Alcuni, purtroppo, sono venuti a mancare, mentre altri non amavano uscire di casa e associarsi ad altre persone. Questa è anche per colpa della malattia stessa, che tende a farci diventare eremiti».

E allora come avete fatto?

«Nel 2022 è avvenuta la nostra resurrezione, grazie all’impegno del dottor Franco Valzania, che ha cercato di riavviare l’associazione. Venni eletto come presidente, e adesso sono giunto al mio terzo anno di mandato. Noi facciamo parte della confederazione di Parkinson Italia, ma il primo gruppo è nato proprio qui a Reggio Emilia».

È molto grande?

«Ad oggi comprende 31 associazioni territoriali al suo interno, distribuite in tutto il territorio nazionale. Poi sono nate altre associazioni in Italia, ma la nostra è senza dubbio la più grande».

Qual è il vostro obiettivo come associazione?

«Vogliamo aiutare e supportare le persone malate di Parkinson, ma non solo, anche i loro famigliari e i caregiver, ad affrontare i problemi giornalieri. È questo il tema del nostro tour iniziato a novembre e che si concluderà a fine mese. Cerchiamo di spingere le persone ad uscire di casa, perché molte volte c’è in questa sorta di chiusura. Proviamo a far fare loro attività fisica, per stimolare il cervello che, con la mancanza di dopamina, tende a diventare un organo atrofizzato, che non risponde più ai comandi. Perciò facciamo fare loro esercizi sia fisici che non, per aiutarli a stare meglio».

Oltre a questo proponete altre attività?

«Organizziamo spesso pranzi insieme ad altre associazioni, come la Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, ndr) e la Uici. Abbiamo creato un coro, che sarà presentato al pubblico nell’evento conclusivo a fine mese. Inoltre, come associazione abbiamo contribuito alla creazione del Pdta».

Di che cosa si tratta?

«È il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale. Abbiamo voluto a tutti i costi che venisse coinvolto un fattore ansia culturale nel momento in cui viene fatta la diagnosi ufficiale del Parkinson».

Quanti sono gli iscritti alla sua associazione?

«Al momento circa una sessantina, ma il nostro obiettivo è tornare ad un centinaio, come prima che arrivasse la pandemia. Contiamo di arrivarci il prima possibile, anche perché abbiamo aumentato i nostri servizi, così come i momenti di incontro, per far conoscere tra di loro le persone».

Qual è la situazione a Reggio Emilia?

«Il Parkinson è una malattia che colpisce il 5% della popolazione. Basandoci sulle ricette mediche, abbiamo fatto una stima, che a Reggio Emilia e provincia, ci dovrebbero essere tra i 2.500 e 3mila malati di Parkinson. Cifre importanti e speriamo che, grazie alle nostre attività e incontri, di riuscire a raggiungere il maggior numero di persone possibile». © RIPRODUZIONE RISERVATA