Incendio Inalca: il cane Max dei vigili del fuoco fiuta sostanze acceleranti nello stabilimento distrutto. Ora non si esclude il dolo
Sopralluogo del Nia con l’unica cane in Italia addestrato in questa ricerca. i vigili del fuoco hanno scavato e il ritrovamento è al centro di approfondimenti
Reggio Emilia Sarebbero state trovate sostanze acceleranti nel sito Inalca. Lunedì scorso, il Nia, ovvero il nucleo investigativo antincendio proveniente dalla Sicilia, è arrivato nello stabilimento insieme al pastore belga Max, di 4 anni, l’unico cane in Italia specializzato nella ricerca degli acceleranti di fiamma sugli incendi. E da quanto trapela, avrebbe trovato tracce utili per ricostruire quanto accaduto l’11 febbraio, quando dallo stabilimento di via Due Canali si sprigionò un incendio dalle proporzioni devastanti. Max è un Arson Dog: è già stato protagonista in contesti investigativi anche con polizia e Ris. Arrivato appositamente dalla Sicilia, è in grado di fiutare la presenza di idrocarburi. Max, in particolare, ha scavato in un p unto preciso trovando una traccia in pochi minuti. E i vigili del fuoco hanno scavato trovando qualcosa che sarebbe al centro di accertamenti.
Gli esiti degli approfondimenti potrebbero dunque dare sostegno alla pista dolosa per l’incendio che si era diffuso a una velocità sorprendente. In seguito al rogo nelle vie vicine si sono disseminati frammenti di cemento amianto rimossi dopo circa un mese. Davide Vasconi, referente dei famigliari delle vittime di amianto, associazione che riunisce tra gli iscritti più abitanti di via Due Canali, indica come «le conseguenze del rogo abbiano colpito le case popolari, tra le zone più esposte. Questi residenti si trovano tuttora di fronte a uno scenario di guerra. Stiamo sorvegliando con particolare attenzione, inoltre, il problema della carne putrefatta. Un problema che diventa particolarmente evidente con il caldo. Ad aggravare la situazione, i residenti hanno notato la presenza dei topi. Gli abitanti li vedono e serve prima possibile un’azione di derattizzazione: sappiamo che il Comune ci sta lavorando». «Il problema alla base di tutto è che abbiamo un ritardo generale, non tanto a Reggio, ma in tutta la regione sul problema dell’amianto, che può starsene latente anche per anni, fino a quando non succede qualcosa, un attentato, come in questo caso, che fa emergere i problemi messi sotto il tappeto - continua Vasconi -. Occorre controllarne la sicurezza con vernici isolanti apposite e l’isolamento nelle intercapedini. Ad esempio, costruendo una controsoffittatura dove c’è esposizione. Noi chiediamo rimozione totale». «Quella attuale non è la soluzione perché quando la natura o menti criminali si scatenano, il “killer” (l’amianto, ndr), torna fuori e colpisce i cittadini in modo indiscriminato - conclude il referente dei famigliari vittime di amianto -. Si può parlare di un vero e proprio attentato alla salute pubblica, se verrà confermato il dolo. Ogni incendio doloso è da condannare, questo in particolare ha messo in grave pericolo la salute dei cittadini e tuttora costituisce una fonte di notevoli disagi. Il fatto che trapeli che siano stati trovati acceleranti dell’incendio è gravissimo». l © RIPRODUZIONE RISERVATA