Vinitaly, cinque tendenze dall’edizione 2025: il vino cambia pelle (ma non del tutto)
Analcolico, biologico, rossi con un nome e Lambrusco: ecco cosa abbiamo trovato nei padiglioni. Dove incombe lo spettro dazi Usa
Verona Al Vinitaly 2025, in corso dal 6 al 9 aprile a Verona, si respira un’aria di cambiamento, ma senza strappi. Il rumore di fondo è l’incertezza e la preoccupazione legata ai dazi e al rischio recessione. Il mondo del vino si adatta, si ridisegna, prova a rispondere alla crisi dei consumi. Cinque le tendenze emerse con forza tra i padiglioni: dai vini dealcolati al biologico, dai dazi USA che preoccupano, fino alla voglia di Lambrusco e alla tenuta dei grandi rossi ad alta gradazione.
1. Il vino senza alcol? C’è, e si fa notare
Non più solo curiosità da supermercato estero. Anche in Italia il vino dealcolato comincia a trovare spazio, o almeno attenzione. Ne abbiamo parlato con Jacopo Michele Giannotti, enologo di Cantine Riunite & CIV:
“L’interesse c’è, soprattutto fuori dall’Italia: Cina, Nord America, Europa dell’Est. In Italia siamo più scettici, ma incuriositi: lo si cerca per guidare sicuri, per questioni dietetiche, o per bere qualcosa di leggero e fruttato”.
Le versioni proposte da Riunite sono un bianco e un rosso con base Lambrusco e Glera, serviti con CO₂ per compensare la mancanza di alcol con un po’ di vivacità. “Non sono vino, ma piacciono. E nella preparazione di cocktail e drink funzionano”.
2. Lo spettro dei dazi Usa
Tra gli stand, il tema più caldo sono i dazi annunciati negli Stati Uniti. La misura colpisce in particolare i vini dal prezzo accessibile, come il Lambrusco. Claudio Biondi, presidente del Consorzio Tutela Lambrusco, non nasconde l’allarme: “Un dazio del 20% non si ferma lì. Si moltiplica lungo la catena distributiva e finisce per pesare molto di più sul consumatore finale. Per un vino che vive sull’equilibrio tra qualità e prezzo, sarebbe un colpo durissimo”. Il timore non sono solo i dazi, ma una possibile recessione mondiale, che colpirebbe i consumi.
3. Il Lambrusco si gioca le sue carte (anche in bianco)
Ma il Lambrusco non si tira indietro. “Quest’anno – continua il presidente Biondi – presentiamo anche una novità: uno spumante Sorbara completamente in bianco, grazie alla modifica del disciplinare. Una scommessa su un vino che può dire ancora tanto, anche in un mercato che cambia”.
4. I rossi ad alta gradazione resistono, ma solo se hanno un nome
In un mercato che cerca leggerezza, i vini ad alta gradazione soffrono. Ma non tutti. Nello stand di Gino Accordini, produttore di Amarone, lo dicono senza esitazioni: “Chi beve Amarone non lo abbandona. È un vino con una struttura precisa, cercata proprio per la sua forza. Diverso il discorso per i rossi intermedi, meno identificabili: lì si vede una riduzione dei consumi”.
La cantina Accordini, 200.000 bottiglie l’anno, punta sull’identità territoriale e sull’estero, soprattutto Asia e Nord Europa. Negli Stati Uniti, invece, è uscita da tempo, ben prima dei dazi.
5. Il biologico tiene (e convince i giovani)
La sostenibilità resta una delle chiavi per leggere il futuro del vino. La pensa così Julia Prestia, che guida Venturini Baldini a Roncolo. In un mercato in contrazione, le nicchie e la diversificazione sono una risposta. “Per noi il biologico è una scelta identitaria. Siamo anche certificati B-Corp. I giovani, ma non solo loro, vogliono sapere cosa bevono. E lo chiedono sempre di più. È una tendenza che va a braccetto con l’attenzione alla salute. Il vino cambia, ma lentamente, e senza dimenticare da dove viene”.