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Il processo

Elettricità morì cadendo da 9 metri urtato mentre lavorava: tre condanne e tre rinvii a giudizio

Ambra Prati
Elettricità morì cadendo da 9 metri urtato mentre lavorava: tre condanne e tre rinvii a giudizio

Poviglio: il 62enne Mario Ferrari perse la vita in un capannone

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Poviglio Per l’infortunio sul lavoro che costò la vita a Mario Ferrari, elettricista di 62 anni di Poviglio, due imputati sono stati condannati in rito abbreviato e un terzo ha patteggiato: per tutti la pena è un anno e 4 mesi ed è sospesa. Altre tre persone sono state rinviate a giudizio: affronteranno il processo ordinario che inizierà a luglio. È stata questa la decisione presa ieri in tribunale dal gup Matteo Gambarati. Il 14 ottobre 2021 Ferrari stava lavorando in un capannone di via Montessori a Poviglio di proprietà della TMC, storica azienda di carpenteria metallica.

Il cantiere era finito e restavano da installare dei pesanti macchinari. Alcuni operai, che dovevano portare fuori dei detriti, anziché utilizzare un carrello attivarono un carroponte o gru a ponte (di proprietà aziendale e destinata a tutt’altro uso). Nel muoversi il carroponte urtò l’elettricista, che stava collegando dei cavi in quota su un cestello, provocandone la caduta da ben nove metri d’altezza: il decesso fu immediato. Gli inquirenti hanno dovuto ricostruire la catena dei subappalti. La TMC aveva affidato l’incarico alla Benassi Srl, che aveva subappaltato alla ditta LSA, la quale a sua volta ha incaricato due artigiani, un albanese e un romeno. Così si piega il fatto che gli indagati fossero ben sei: Carmelo Scillia, 72 anni, titolare della TMC e committente (avvocato Nino Ruffini); Pietro Benassi, 70 anni di Reggio, responsabile del cantiere (avvocati Massimiliano Primiterra e Ferdinando Delsante); Vivaldo Tedeschi, 84 anni, datore di lavoro della vittima (avvocato Giulio Tamburoni); Gianmaria Borrellini, 74 anni della ditta LSA (Claudio Vincetti dello studio Ferrari & Vincetti Associati); gli artigiani Aleksander Hunda, albanese 49enne, e Costel Dorin, romeno 46enne (entrambi difesi dall’avvocato Marcello Coffrini). Tutti devono rispondere di omicidio colposo perché, «nei rispettivi ruoli, con negligenza e imperizia nonché in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni, causavano la morte di Mario Ferrari». Ieri, davanti al gup, i due artigiani sono stati condannati, mentre Tedeschi ha patteggiato. I familiari della vittima sono stati risarciti (in totale oltre un milione di euro) e sono usciti dal processo, ma ieri la moglie e la figlia hanno voluto essere presenti (avvocato Valeria De Biase). Scillìa, Borrellini e Benassi affronteranno il processo. Il principale imputato è l’imprenditore Scillìa, che nega ogni addebito: a suo dire il telecomando del carroponte, che era in un cassetto, è stato sottratto da qualcuno e utilizzato indebitamente. «Siamo fiduciosi di dimostrate l’assoluta estraneità del mio assistito, che aveva dovuto presentare querela per la sottrazione del telecomando per il funzionamento del carro ponte», ha dichiarato l’avvocato Ruffini.  © RIPRODUZIONE RISERVATA