La lezione immortale dei Cervi arriva in Parlamento
L’onorevole Malavasi porta a Roma il libro sui sette fratelli assassinati dai fascisti
Roma Un trattore per dissodare la terra e un mappamondo per allargare gli orizzonti.
La storia della famiglia Cervi ha fatto tappa, nell’ottantesimo anniversario della Liberazione, alla Sala della Regina della Camera dei Deputati, grazie all’iniziativa della deputata Ilenia Malavasi, con la presentazione del libro “Fratelli Cervi. La storia e la memoria”, edito da Viella Editrice. L’appuntamento è stato promosso dall’onorevole in collaborazione con l’Istituto Alcide Cervi.
L’incontro ha visto la partecipazione anche di una folta delegazione reggiana, ma non solo, oltre che di più scolaresche, ed è stato aperto dai saluti istituzionali della vicepresidente della Camera, Anna Ascani, patrocinatrice dell’evento, dell’onorevole Ilenia Malavasi e di Albertina Soliani, presidente dell’Istituto Alcide Cervi.
Sono seguiti gli interventi degli autori del saggio: Alessandro Santagata, Toni Rovatti e Giorgio Vecchio, storici e studiosi che hanno condotto un approfondito lavoro di ricerca e analisi sulla vicenda dei Fratelli Cervi. Le conclusioni sono state affidate a Walter Veltroni, giornalista ed ex vicepresidente del Consiglio.
Il libro ricostruisce, con rigore e sensibilità, la storia della famiglia Cervi, partendo dalle radici contadine fino alla scelta della Resistenza al fascismo e al tragico epilogo della fucilazione dei sette fratelli il 28 dicembre 1943. Un percorso che analizza con cura anche il grande fenomeno di memoria collettiva che si rinnova generazione dopo generazione intorno a Casa Cervi.
«Quella della famiglia Cervi è una storia di riscatto attraverso lavoro e conoscenza: fin dai primi anni Trenta la famiglia si è adoperata per accrescere conoscenze in campo tecnico e agricolo, partecipando a corsi di formazione, attenta alla resa dei terreni ma anche alla condizione dei lavoratori – esordisce Ilenia Malavasi –. D’altra parte, manifesta voglia di condividere cultura, anche con chi non se la può permettere, in un’epoca dove i poveri erano ritenuti non adatti ai banchi di scuola. Questa modernità anticipa alcuni lati più belli della nostra Costituzione, con la scuola pubblica, che permette a ogni bambino e studente di fruire del proprio diritto allo studio, dando le stesse possibilità di partenza». Oltre al riscatto con il lavoro e la conoscenza, Malavasi indica altre due scelte fondamentali della famiglia Cervi: «Quella antifascista, che anticipa la Repubblica. E, terzo aspetto, le donne. Può sembrare paradossale parlare di donne nell’ambito di una vicenda che ha visto il martirio di sette fratelli. Ma una lettura approfondita della loro vita - e in questo ci aiuta lo splendido libro che presentiamo - ci conduce in uno spaccato diverso dove le donne giocano un ruolo da protagoniste. Il ruolo di mamma Genoeffa Cocconi è alla base di molte scelte compiute dai membri della famiglia. È una donna figlia del proprio tempo, ma mai sottomessa a una condizione acritica, capace di portare cultura e bellezza del sapere». Malavasi cita inoltre Lucia Sarzi, «donna libera, di fatto e di idee, capace di amare e di lottare per la giustizia, in un tempo e in una società che difficilmente permetteva alle donne di portare avanti le proprie idee».
La presidente dell’Istituto Cervi, Albertina Soliani, ricorda che la ricerca storica contenuta nel libro «interpreta in modo approfondito le fonti, le testimonianze di questa famiglia, dalle origine al trasferimento ai Campi rossi, dai funerali al cimitero di Campegine al mito e all’ideale dei decenni successivo. Abbiamo grande bisogno di fare memoria, nell’Italia e nell’Europa di oggi, perché ci guidi come una bussola che orienta il mappamondo, sempre indirizzato a giustizia, fraternità e pace».
Nel corso del panel, moderato dalla deputata Malavasi, Giorgio Vecchio spiega come nel libro si sia cercato di «restituire concretezza per uscire dalle sedimentazioni via via fatte con il mito. E non usiamo questa parola come quando parliamo degli dei dell’antichità. Si parla di mito perché partiamo da personaggi reali, esemplari, su cui si sono sedimentate tante cose. Che non sempre sono realistiche. Non ci sono solo i sette fratelli, ma anche le due sorelle e le compagne. Senza dimenticare che dopo la fucilazione dei sette fratelli sono le donne che con il patriarca Alcide devono mandare avanti tutto. I Cervi maturano un antifascismo esistenziale che poi diventa resistenziale: maturano il rifiuto di un regime che vedono sempre più votato alla guerra».
Toni Rovatti indica come la storia dei sette fratelli sia proposta come un tutt’uno, ma che, in realtà, «vi si trovino esperienze diverse, accomunate da un’unica scelta e un solo tragico destino. La famiglia si sottrae dal richiamo di leva e dalla mobilitazione. La festa in piazza di una pastasciutta collettiva è una sfida anche al fascismo appena caduto e a una dimensione di costruzione della forza del fascismo sulla propaganda e sull’economia di guerra. Il fascismo non si dimenticherà di questo».
Alessandro Santagata argomenta che «sulla storia dei Cervi si possono ritrovare le grandi culture politiche. Oggi la memoria dei Cervi è un luogo della memoria dove tutte le culture democratiche antifasciste si possono riconoscere perché vi è un’irriducibile contrarietà al fascismo in qualsiasi sua forma e riedizione. E su questo punto centrale si spiega la fortuna del passaggio delle generazioni, si spiega perché Casa Cervi sia un luogo abitato dai giovani».
La vicepresidente della Camera Anna Ascani: «Il simbolo di una rivolta indomabile»
La vicepresidente della Camera dei deputati, Anna Ascani ha introdotto il panel dedicato al libro: «La vicenda dei fratelli Cervi appartiene profondamente al popolo italiano. Credo si possa dire che essa sia, insieme, una parte della Resistenza e il tutto della Resistenza. Una parte in quanto, chiaramente, è un pezzo della lotta partigiana che inizia dopo l’8 settembre ’43 - formalmente almeno - e si conclude il 25 aprile ’45 e vede come protagonisti decine di migliaia di uomini, donne, militari,civili, giovanissimi e anziani. Il tutto perché simboleggia la rivolta popolare naturale e indomabile che alla fine travolge e spazza via l’alleanza tra i fascisti e i nazisti. Pur pagando, come in questo caso, un prezzo altissimo e atroce. L’eccidio dei sette fratelli Cervi, per mano dei miliziani repubblichini, è senza dubbio una delle pagine più atroci della Resistenza. C’è miseria, ottusità, odio e paura – certo, anche paura – dietro quella abominevole decisione. C’è cioè l’impasto di ogni pestilenza che, in nome di ideologie funeste e criminali, mirano a strappare dal cuore degli uomini il desiderio della libertà. Perché è proprio della libertà che hanno paura. Non c’è regime che sopporti la libertà. Ieri come oggi».