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Eterntit bis, Stephan Schmidheiny condannato a 9 anni e 6 mesi per omicidio colposo

Ambra Prati
Eterntit bis, Stephan Schmidheiny condannato a 9 anni e 6 mesi per omicidio colposo

E’ la sentenza della Corte d’Appello di Torino per il magnate svizzero. Il sindaco Emanuele Cavallaro: «C’è bisogno di giustizia per le 52 vittime»

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Rubiera «La Corte d’Appello di Torino, nel processo Eternit bis, ha condannato l’ex proprietario della multinazionale Stephan Schmidheiny a 9 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo. Attendiamo l’ultimo grado di giudizio, non sono cose su cui esultare. Ma Alfredo Bersani, allora rappresentante sindacale - nella foto a fianco con la giacca rossa - che ha dovuto salutare tante, troppe persone care a causa del mesotelioma, meriterebbe di ritrovare piena fiducia nella giustizia e nello Stato. Con lui, tante, troppe famiglie di Rubiera. C’è bisogno di giustizia».

Così il sindaco di Rubiera Emanuele Cavallaro ha commentato la condanna emessa ieri in secondo grado nel processo Eternit bis. La multinazionale in Italia aveva quattro stabilimenti, tra cui l’ex Icar di Rubiera. L’iter giudiziario è stato lungo e complesso, e si trascina da quasi vent’anni. Dopo la conclusione senza esito del primo maxi processo Eternit - in cui anche Rubiera si era costituita parte civile - i fascicoli furono spacchettati e inviati alle Procure territorialmente competenti.

Il ramo reggiano del procedimento non è mai partito per le 52 vittime riconosciute; l’unico processo per una singola vittima (Dorando Cottafava) si è concluso con l’assoluzione dell’allora responsabile dello stabilimento locale, poiché era impossibile dimostrare una responsabilità diretta. Diversa la situazione a Casale Monferrato, dove è stata riscontrata una continuità direttiva tra il 1976 e il 1986. Qui le indagini si sono concentrate e il processo ha avuto seguito presso la Corte d’Appello di Torino. Proprio ieri, giovedì 17 aprile, Stephan Schmidheiny, magnate svizzero e unico imputato nel processo Eternit bis, è stato condannato a 9 anni e mezzo di reclusione per omicidio colposo. La Corte lo ha assolto per 28 casi, mentre altri 27 sono stati dichiarati prescritti. Dei 147 casi esaminati in primo grado, ne sono rimasti 92: un elemento decisivo per la riduzione della pena rispetto alla condanna precedente. A Novara, infatti, nel giugno 2023 Schmidheiny era stato condannato a 12 anni per omicidio colposo aggravato, per 147 vittime su 392 inizialmente considerate. A Torino, in appello, sono bastate una decina di udienze per rivedere il verdetto, ascoltando i consulenti delle parti. La procura generale aveva chiesto la condanna per omicidio volontario con dolo eventuale - reato più grave - e l’ergastolo per le vittime di Casale.

«Ha perseguito il profitto, guidato da sole logiche commerciali», aveva dichiarato la sostituta procuratrice generale Sara Panelli, invitando l’imputato a intraprendere un percorso di giustizia riparativa e a incontrare i familiari delle vittime «per dimostrare di essere il filantropo che sostiene di essere».L’Afeva, l’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto, si è detta soddisfatta: «Speriamo che il verdetto regga in Cassazione». A Rubiera, lunedì 28 aprile - in occasione della Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’amianto - alle 15.30 sarà deposta una corona di fiori sulla lapide nel parco cittadino. Alle 16.30, al teatro Herberia, dopo una serie di interventi, sarà proiettato in anteprima nazionale il docufilm “Fibre di ingiustizia”, realizzato da Gabriele Morelli e Simone Braca. l© RIPRODUZIONE RISERVATA