Gazzetta di Reggio

Reggio

Il femminicidio di Novellara

Processo Saman: ergastolo ai genitori e ai due cugini, 22 anni allo zio

Elisa Pederzoli
Processo Saman: ergastolo ai genitori e ai due cugini, 22 anni allo zio

La sentenza di secondo grado rettifica in parte quella di primo: tutti colpevoli. A Reggio c’erano state due assoluzioni

8 MINUTI DI LETTURA





Bologna Alle 20.30 la Corte d’Assise d’Appello di Bologna, presieduta dal giudice Domenico Pasquale Stigliano, è uscita dalla camera di consiglio nella quale si era ritirata alle 17.30. 

Questa la sentenza: confermati gli ergastoli per i genitori di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen. Ergastolo anche per i due cugini Ikram Ijaz e Noman Ul Haq, che erano stati assolti in primo grado. Lo zio Danish Hasnain è stato condannato a 22 anni, contro i 14 di primo grado (gli sono state riconosciute le attenuanti generiche, ricordiamo che fu lui a far trovare il corpo). 

La Corte ha riconosciuto le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili o abietti, che erano stati esclusi in primo grado. Gli imputati sono stati condannati anche per soppressione di cadavere. 

In aula al momento della lettura della sentenza c’erano anche il sindaco di Novellara Simone Zarantonello, l’ex sindaca e attuale consigliera regionale Elena Carletti, oltre a rappresentanti delle parti civili, tra cui Tiziana Dal Pra, fondatrice di Trama di Terre, prima associazione italiana ad accendere i riflettori sul fenomeno dei matrimoni forzati.  

La diretta della giornata

E' finita intorno alle 17.30 l'ultima udienza del processo d'appello per il femminicidio di Saman Abbas. La Corte d'Assise si è ritirata in Camera di Consiglio. In serata è prevista la sentenza.

Nel corso dell'udienza, alla presenza di tutti gli imputati – i genitori, lo zio e i due cugini – hanno parlato le ultime due difese: quella del padre Shabbar Abbas, rappresentato dall'avvocata Sheila Foti, e quella del cugino Nomanulhaq Nomanulhaq, difeso dall’avvocato Luigi Scarcella. Come ultimo atto hanno preso la parola per rilasciare dichiarazioni spontanee i cugini e subito dopo lo zio. Non hanno invece parlato i genitori di Saman.

Ore 17.30
L’udienza si è conclusa. i genitori di Saman non hanno voluto intervenire oltre e così come la pubblica accusa ha rinunciato alle controrepliche.  La Corte d'Assise d’Appello di Bologna si è riunita in camera di consiglio. La sentenza è attesa in serata.

Ore 17.15

Dopo i cugini, anche lo zio di Saman, Danish Hasnain, prende la parola per rilasciare dichiarazioni spontanee. Una replica anche alla dichiarazioni di Noman che ha preso distanza dal clan famigliare: Danish invece ha voluto ribadire il legame di parentela, dicendo di trovare «molto strano» quanto sostenuto poco prima dal cugino. Di fatto, ha confermato quanto già detto in una precedenza udienza: ovvero, che lui la notte dell’omicidio dormiva e che sarebbero stati i cugini a svegliarlo. E ribadendo che sarebbero stati loro a seppellire Saman. Ha detto che avrebbe voluto più volte parlare, ancora prima di quanto non lo abbia fatto. «Appena sono stato estradato dalla Francia volevo dire dove era sepolta, anche per aiutare gli investigatori» ha detto. Ma che inseguito sarebbe stato consigliato di non farlo. Del rapporto con Shabbar, ha detto di aver avuto paura e che giorni prima dell’omicidio di essere stato da lui picchiato. «Se fossi stato coinvolto, non avrei mai fatto individuare la salma. Quindi questa è la cosa più importante» ha detto. Dichiarando che spera un giorno di poter andare sulla sua tomba.

Ore 17.10

Anche il cugino di Saman, Ikram Ijaz, ha rilasciato dichiarazioni spontanee. Ha ribadito la sua innocenza e quella del cugino Noman Ul Haq. «Sono dispiaciuto moltissimo per quello che è successo – ha detto – Sono innocente, avevo un ottimo rapporto con Alì, ha detto delle bugie. E Shabbar e Danish hanno mentito per liberarsi da questa responsabilità». «Sono stato da innocente in carcere per due anni e mezzo, sono qui per la mia famiglia - ha aggiunto tradotto dall'interprete – In carcere ho subito percosse e aggressioni, ho sofferto e ha sofferto la mia famiglia. Una persona che ci ha messo un anno e 11 mesi per arrivare in Italia come potrebbe commettere una cosa del genere?». «Chiedo giustizia» ha concluso.

Ore 16.50

Il cugino di Saman, Nomanulhaq Nomanulhaq ha preso la parola per rendere dichiarazioni spontanee. L’imputato da quando è stato estradato nel marzo 2022 non ha mai parlato. Anche l’altro cugino, Ikram Ijaz, in primo grado non aveva detto nulla, però aveva risposto ai giudici dopo l’estradizione. «L'unico errore è stato scappare da Novellara», ha detto.  Noman Ul Haq – questo il vero nome, ha chiarito alla Corte – ha negato di essere parte di quello che è stato definito il clan Abbas. «La famiglia è composta solo dai genitori e i figli». Ha voluto così prendere le distanze dalla ricostruzione secondo la quale gli Abbas e i parenti fossero una cosa sola, animata pertanto da una volontà comune. Ha parlato del 29 aprile 2021, il giorno in cui coi parenti venne immortalato dalle telecamere di videosorveglianza con pale e secchi. Per l’accusa la prova che andassero a scavare la fossa. «Servivano per dei lavori – ha invece dichiarato – per aprire le serre ci sono corde  che le tengono strette, e delle dighe che vanno pulite». «Nel secchio che avevo c’erano gli attrezzi» ha detto, tradotto dall’interprete. Poi ha parlato del 30 aprile, notte del delitto. «Siamo ricasati e io e Ikram dopo la cena siamo andati a dormire in camera nostra, mentre Danish è rimasto di sotto al telefono. Ci siamo addormentati». Dicono di essere andati a svegliare Danish la mattina del 1 maggio, ma lui avrebbe detto loro che non sarebbe andato al lavoro perchè non aveva chiuso occhio tutta la notte. «Noi siamo andati a casa degli Abbas, mia zia Nazia ci ha detto di andare a prendere il latte e ci ha fatto il caffè». Ha raccontato dei giorni di maggi, quelli dopo la morte di Saman, in cui più volte i carabinieri sono andati nella casa di via Colombo a cercare la famiglia. «Da lì ho iniziato a chiedermi cosa fosse successo»  racconta. Ha raccontato anche dei giorni di allontanamento a Novellara sostenendo che di aver deciso di fuggire quando anche Danish e Alì non c’erano più.  «L'unico nostro errore – ha detto – è stato quello di allontanarci, di scappare. Se non lo avessimo fatto non saremmo in questa situazione».

Ore 16.20

L’avvocato di Nomanulhaq, Luigi Scarcella, nella sua lunga arringa si è soffermato sulle dichiarazioni del fratello di Saman, Alì Haider, evidenziandone la presunta inattendibilità.

Successivamente ha analizzato le dichiarazioni di Danish Hasnain, lo zio di Saman, che a processo ha tirato in ballo i cugini, sostenendo che erano stati loro, quella notte, a svegliarlo quando la nipote era già stata uccisa. Secondo il difensore, tali affermazioni sarebbero in contrasto con il contenuto di alcune intercettazioni ambientali in carcere.

.

Ore 13.15

L'udienza si è interrotta e riprenderà alle 14.15. Sta parlando l’avvocato Scarcella che contesta la credibilità di Alì Haider, il fratello di Saman che ha puntato il dito contro il suo assistito e l’altro cugino. Se la prende con il "processo mediatico": sostiene che molte delle dichiarazioni fatte dal fratello sono il frutto di quello che ha letto su internet, come lui stesso avrebbe dichiarato.

Ore 12.20

L'avvocato Luigi Scarcella, difensore di Nomanulhaq Nomanulhaq inizia la sua arringa difensiva. «Questo processo ha singolarità che non mi è mai capitato di vedere in 17 anni di professore. L’accusa ha la sua tesi. Mai mutata. E come se la difesa non ci fosse. La sentenza citata di tanto in tanto. Abbiamo 560 pagine di sentenza di primo grado. Non può essere così». 


Ore 12
E’ durata due ore l’arringa dell’avvocata Sheila Foti, che difende Shabbar Abbas, dalle 10 alle 12 circa. E’ stata la prima a prendere la parola. Subentrata all'avvocato Enrico Della Capanna, rispetto al processo di primo grado, ha detto: «Saman è ritenuta la figlia di tutti. Di tutti noi che abbiamo figlie femmine e io ne ho una della stessa età. Ci ho pensato. Quando ho incontrato Shabbar la prima volta gli ho chiesto: perché dovrei assumere la sua difesa? Mi ha risposto che una madre è un padre con m e p maiuscola non ammazzano le figlie. "E io non ho ammazzato mia figlia" ha detto».  Durante l'arringa l’avvocata Foti  ha analizzato diversi gli aspetti che – per la difesa – provano l'innocenza dell'uomo. Sostiene che non fosse lo zaino quello che ha in mano Shabbar quando torna indietro dalla campagna dopo che ha accompagnato Saman lungo lo stradello accanto alle serre, la sera del delitto. Dice: «Shabbar ha commesso un errore che si porterà nel cuore tutta la vita, che l’ha messa in pericolo: ha avuto la malaugurata idea di chiedere al fratello di intervenire, per dare una lezione a Saqib». Ribadisce che il padre era convinto che quella Saman volesse andare via e fosse il fidanzato Saqib che sarebbe andata a prenderlo. Avanza un’altra ipotesi, che fosse un’amica quella cui cui doveva vederci così come aveva raccontato era accaduto quando era andata in Belgio. Si concentra sulle testimonianze del fratello, citando gli «oltre 200» non ricordo. Nella parte finale, si è soffermata sulle intercettazioni telefoniche. Quelle di Alì, fratello di Saman, quando parla con un’amica e con altri parenti dove non dice mai che sono stati i genitori, ma incolpa lo zio e i cugini. Infine, ha concluso: «Se vogliamo dare giustizia a Saman dobbiamo ricostruire quello che è realmente accaduto.


Le richieste di condanna
La procura generale, nella figura della sostituta procuratrice generale Silvia Marzocchi, ha chiesto l'ergastolo per tutti gli imputati. Al processo è stata applicata anche la pm Maria Rita Pantani, della procura di Reggio Emilia.

Nel processo di primo grado i giudici reggiani hanno condannato i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, all’ergastolo, lo zio Danish Hasnain a 14 anni, e assolto i cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq. Le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili o abietti non sono state riconosciute.

Lo zio, che ha fatto ritrovare il corpo della 18enne (sepolto in un casolare diroccato vicino all’abitazione di via Colombo, a Novellara, dove vivevano gli Abbas), ha beneficiato dello sconto di pena previsto dal rito abbreviato.