Omicidio di Saman: sono tutti colpevoli. Carletti: «Senso di giustizia pieno»
Ergastolo anche per i cugini, stessa condanna per i genitori, 22 anni per lo zio: riconosciuta l’aggravante dei futili motivi e la premeditazione. Cascone: «Sentenza logica»
Bologna Quattro condanne all’ergastolo e una a 22 anni. La sentenza di secondo grado per il femminicidio di Saman Abbas racconta un’altra storia rispetto a quella fotografata dal verdetto di primo grado. A quasi quattro anni dall’atroce omicidio della 18enne di origine pakistana – che si era ribellata alla famiglia, fino a dire di no a un matrimonio forzato e a denunciare i genitori – la Corte d’Assise d’Appello presieduta dal giudice Domenico Stigliano – dopo tre ore di camera di consiglio, ieri sera alle 20.30 – ha ritenuto che tutti gli imputati sono parimenti colpevoli dell’omicidio della giovane e della soppressione del suo cadavere: il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, che erano già stati condannati all’ergastolo al processo di Reggio Emilia, ma anche i cugini Noman Ul Haq e Ikram Ijaz, che invece erano usciti assolti dal primo processo. Così come colpevole è ritenuto lo zio Danish Hasnain, la cui pena passa da 14 anni a 22.
Questo per effetto di un’altra riforma che i giudici di Bologna hanno fatto rispetto al precedente verdetto e che riguarda tutti gli imputati: hanno riconosciuto le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili e abietti, che invece la Corte d’Appello di Reggio Emilia aveva fatto cadere. Una decisione che non cambia negli effetti il destino dei genitori di Saman, già all’ergastolo, ma certamente cambia per lo zio, che non ha più potuto contare sullo sconto previsto dal rito abbreviato che l’assenza di aggravanti gli ha consentito a Reggio Emilia. Gli sono solo state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti per aver collaborato: è stato lui ad aver fatto ritrovare agli inquirenti il cadavere di Saman, un anno e mezzo dopo il delitto, in una fossa nelle campagne di Novellara. L’accusa, con la sostituta pg Silvia Marzocchi e la pm di Reggio Emilia applicata a Bologna Maria Rita Pantani, aveva chiesto cinque ergastoli.
Bisognerà attendere novanta giorni per conoscere le motivazioni della sentenza, ma il dispositivo letto ieri sera in un aula rivela già molto quando riconosce anche la parte civile di Alì Haider, fratello di Saman. Si tratta di un’altra sostanziale differenza con il processo e la sentenza di primo grado, che a più riprese aveva sostenuto inattendibile la testimonianza del giovane. È evidente che la Corte d’Assise d’Appello, che ha chiamato il giovane in aula come testimone, non l’ha pensata allo stesso modo.
A nulla, dunque, sono valse le dichiarazioni spontanee rilasciate ieri durante l’ultima udienza da parte dei cugini, e in contro replica ancora dello zio. I primi due – difesi dagli avvocati Luigi Scarcella e Mariagrazia Petrelli – hanno voluto ribadire la loro innocenza, addossando la colpa agli altri tre parenti e dicendo di essere fuggiti per paura, mentre lo zio chiamato in causa ha ribadito che la notte dell’omicidio, quella tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021, lui stava dormendo e che sarebbero stati i cugini a svegliarlo, condurlo al corpo di Saman e loro a seppellirlo. «Questa sentenza significa che è stata accolta la nostra ricostruzione – è stato il commento di Ciro Cascone, avvocato generale dello Stato –. Era quello che abbiamo sostenuto appena abbiamo letto la sentenza di primo grado e le evidenze probatorie hanno confermato la nostra impostazione. Dal mio punto di vista è una sentenza che segue un percorso puramente logico». Ovviamente, di tutt’altro tenore le dichiarazioni dell’avvocato Scarcella, che difende il cugino Noman Ul Haq e che proprio ieri ha parlato per oltre tre ore in arringa difensiva: «Non mi aspettavo una sentenza di condanna, non c’era alcun motivo per poter ribaltare la sentenza perché le fonti dichiarative erano assolutamente inattendibili».
Plaude alla sentenza invece l’ex sindaca di Novellara e attuale consigliera regionale Elena Carletti presente col successore Simone Zarantonello: «È la sentenza che tutti aspettavamo, con un senso di giustizia pieno. E che non riguarda solo Saman, dobbiamo pensare a tutte le ragazze». Anche lei ha mostrato il messaggio in urdu su un foglio in aula: «Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima».
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