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Papa Francesco, la testimonianza di monsignor Ghirelli: «Sentiva la fine avvicinarsi e ha scelto di stare in mezzo alla gente»

Papa Francesco, la testimonianza di monsignor Ghirelli: «Sentiva la fine avvicinarsi e ha scelto di stare in mezzo alla gente»

Il ricordo di Tiziano Ghirelli, il canonico reggiano della Basilica di San Pietro

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Reggio Emilia Chi conosce monsignor Tiziano Ghirelli non ha potuto far a meno di notare, nel giorno di Pasqua, il canonico reggiano della Basilica di San Pietro mentre, sul sagrato ascoltava la voce del Santo Padre. E non ha potuto non notare che l’espressione di don Tiziano non era esattamente delle più allegre. Una sensazione che lui stesso, quando lo chiamiamo al telefono, ci conferma. È il pomeriggio di uno dei più tristi lunedì dell’Angelo che si ricordi: Papa Francesco è spirato alle 7.35 del mattino. E lui, monsignor Ghirelli lo ha saputo soltanto verso le 10 mentre stava celebrando messa all’interno della basilica. Confermando in questo modo quanto siano state convulse quelle due ore circa che sono passate da quando Francesco ha chiuso per sempre gli occhi a quando il mondo intero lo ha saputo, dalla voce del cardinale camerlengo Kevin Joseph Farrell.

«In tanti hanno notato che sul sagrato, ascoltando le parole del Santo Padre, avevo una faccia preoccupata. E in effetti ero davvero turbato. Perché nella posizione in cui, assieme ad altri confratelli, mi trovavo in quel momento, non potevo vedere il Papa. Ma sentivo la sua voce, estremamente appesantita, affaticata, ha detto sei parole: “Cari fratelli e sorelle... buona Pasqua”, e poi, anche per la benedizione Urbi et orbi ha recitato la formula più breve, perché evidentemente non aveva le forze per pronunciare la formula completa della benedizione, che è molto più lunga».

In quelle poche parole ma pronunciate con estrema fatica, don Tiziano - che vive a Santa Marta, nella stessa residenza che è stata di papa Francesco - ha percepito che probabilmente si stava avvicinando la fine. Una fine, di cui il monsignore reggiano, ha appreso quasi tra gli ultimi nonostante fosse proprio in Basilica. «Alle 10 – racconta monsignor Ghirelli – stavo celebrando messa in Basilica quando sento arrivarmi, in sequenza, una serie di messaggi sul cellulare. Erano persone che avevano appreso dalla tivù o dalla radio quel che io ancora non sapevo...».

Morte da papa

Superato lo shock della notizia arrivata quando ormai tutti pensavano che il peggio per papa Francesco fosse passato, a poco a poco si è diffusa sempre di più la convinzione che l’improvviso aggravarsi delle sue condizioni sia spiegabile con quello che il pontefice ha fatto in questa Pasqua. E vengono anche alla mente, parlando con don Ghirelli che entrambi avevamo sperato che alla fine in Francesco avrebbero prevalso la prudenza e il buonsenso, ovvero quelle doti che gli suggerivano di attenersi alle prescrizioni dei medici del Policlinico Gemelli che lo avevano sì lasciato tornare a Santa Marta, ma a patto che rispettasse le regole di una convalescenza che avrebbe dovuto durare due mesi e che invece, dopo appena una settimana avevano già subito diversi “strappi”. “Colpa” del Giubileo in corso e “colpa” di un pontefice che voleva tornare tra la gente, almeno per la Santa Pasqua.

«Sentiva probabilmente che era arrivato alla fine e così ha voluto vivere fino in fondo il suo pontificato. Penso al passaggio in piazza San Pietro sulla papa-mobile, e anche ai ricevimenti a cui non ha voluto mancare, magari adottando quel distacco che era tipico anche di Giovanni Paolo II quando doveva fare qualcosa di cui non era pienamente convinto». In uno dei nostri colloqui, monsignor Ghirelli aveva espresso il desiderio di rivedere Francesco sedersi al desco nel refettorio di Santa Marta, come faceva prima di essere ricoverato al Gemelli.

L’ultimo incontro

E invece, l’ultima volta che monsignor Ghirelli e papa Francesco si sono incrociati è stato il sabato di Pasqua, in Basilica. «L’ho intravisto - ricorda il canonico di San Pietro - mentre si è fermato in preghiera, prima davanti alla Pietà di Michelangelo, poi davanti alla tomba di San Pio X e a quella di San Pietro. Evidentemente sentiva il bisogno di pregare o anche solo di uscire dalle sue stanze. E quando ho visto che il sacerdote argentino che lo accompagnava gli spruzzava qualcosa in gola con un inalatore ho avuto la conferma che no, il Santo Padre non stava seguendo le direttive dei medici del Gemelli». © RIPRODUZIONE RISERVATA