Gazzetta di Reggio

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«Così il Parmigiano Reggiano porterà turisti in Appennino»

Martina Rossi e Giulia Mariotti*
«Così il Parmigiano Reggiano porterà turisti in Appennino»

Claudio Guidetti del Consorzio ha incontrato la 3ªT del Mandela di Castelnovo Monti

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L’età media degli allevatori si è abbassata notevolmente in montagna, più precisamente da 57 anni ai 40 anni, rispetto alla pianura. Questo significa che sempre più giovani o rimangono nell’azienda di famiglia oppure decidono di avviare un’attività allevatoriale e credo che questo vada di pari passo con quella incentivazione al turismo che i nostri territori, in questo momento, stanno cercando di promuovere». Lo ha riportato Claudio Guidetti, coordinatore del Consorzio del Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna, durante un incontro in classe sul turismo enogastronomico legato a questo prodotto unico al mondo. Lo abbiamo intervistato a margine dell’incontro organizzato nell’ambito del progetto Scuola2030, di cui il Consorzio del Parmigiano Reggiano è partner.

Per iniziare da qualche numero, quante forme di Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna vengono prodotte ogni anno? Quanti caseifici ci sono nella provincia e quante persone ci lavorano?

«Parliamo di poco più di 100mile forme prodotte e marchiate da 30 caseifici. Se guardiamo però alle forme di Parmigiano Reggiano totali prodotte in montagna arriviamo ad oltre 850mila, corrispondenti al 22% della produzione complessiva, e 84 caseifici coinvolti, pari al 30% del totale. Nella filiera produttiva in montagna lavorano circa 18mila persone delle 50mila complessive».

A suo giudizio, quanto può incidere un prodotto tanto legato alla tradizione come il Parmigiano Reggiano, nell’attrarre quote importanti di turismo anche nelle nostre zone montane e non solo in città già conosciutissime come Parma, Reggio Emilia e Modena?

«Penso che ci siano delle validissime possibilità per incrementare il turismo enogastronomico in queste zone montane in quanto, sempre di più, il consumatore e il turista sono alla ricerca di esperienze, vogliono poter “toccare” con mano i prodotti di qualità e di eccellenza.

L’interesse di andare a vedere dove nasce il Parmigiano Reggiano è ancora più forte quando il prodotto si delinea in territori specifici e particolari, per esempio come la Pietra di Bismantova, oppure dove ci sono delle emergenze naturali importanti».

Ritiene che sia possibile intercettare anche quote di turismo estero attraverso fiere, esposizioni e più in generale attività di marketing e promozione all’estero, e, se sì, come vi adoperate in tal senso?

«Già oggi abbiamo una notevole percentuale di stranieri che vengono a visitare i caseifici del Parmigiano Reggiano e siamo talmente convinti che questa quota possa aumentare rispetto a quella attuale che presso il Consorzio è stato istituito un ufficio apposito che si chiama “Turismo del Parmigiano Reggiano”. Quest’anno i miei colleghi hanno partecipato al BIT (Borsa Internazionale del Turismo) con degli stand, proprio per presentare la possibilità di visitare i caseifici e vedere direttamente la lavorazione del prodotto».

Perché il Parmigiano Reggiano possa essere un tassello importante nello sviluppo del turismo enogastronomico, anche nel nostro Appennino, quanto è importante creare delle sinergie con gli istituti scolastici più legati all’offerta turistica?

«È importantissimo perché il futuro è dei giovani e bisogna metterli nelle condizioni di sapere, di conoscere e di poter diventare ambasciatori del loro territorio e dei prodotti che sono chiamati ad utilizzare nella scuola alberghiera. Per chi si occupa di cucina crediamo che sia importante conoscere il prodotto e il suo corretto utilizzo, ma è importante anche per il personale di accoglienza della scuola alberghiera perché così sarà in grado di mostrare il proprio territorio in tutta la sua interezza».

Si parla spesso di spopolamento delle zone dell’Appennino emiliano, volendo rivolgere una sorta di appello ai giovani che temono di non avere futuro nello stesso, cosa si sente di dire loro riguardo al potenziale sviluppo economico dato dal binomio “Parmigiano Reggiano" e “turismo enogastronomico”?

«L’osservatorio che abbiamo come Parmigiano Reggiano ci ha permesso di rilevare che l’età media degli allevatori si è abbassata notevolmente in montagna, più precisamente da 57 anni ai 40 anni, rispetto alla pianura. Questo significa che sempre più giovani o rimangono nell’azienda di famiglia oppure decidono di avviare un’attività allevatoriale e credo che questo vada di pari passo con quella incentivazione al turismo che i nostri territori stanno cercando di promuovere».

*Studentesse dell’indirizzo turistico dell’istituto Mandela

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