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«Feste, ponti e vacanze nel 2025 costeranno 12 miliardi di Pil»

«Feste, ponti e vacanze nel 2025 costeranno 12 miliardi di Pil»

L’analisi della Cgia di Mestre su dati Prometeia e Istat. Ma il monte delle ore lavorate resta tra i più alti d’Europa

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Milano Il Prodotto interno lordo dell’Italia nel 2025 è destinato a sfiorare i 2244 miliardi di euro. Calcolatrice alla mano significa che produciamo 6 miliardi di euro al giorno e l’importo pro capite giornaliero medio nazionale ammonta a 104 euro. È quanto emerge da un’elaborazione realizzata dall’ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Prometeia e Istat. L’associazione degli artigiani e delle piccole imprese ha calcolato che quest’anno i giorni di lavoro in Italia, tra feste e ponti, saranno 251, due in meno dell’anno scorso che comunque era un anno bisesto. In termini di Pil, dunque, queste due giornate di lavoro perse rispetto al 2024 ci costernano, in linea teorica 12 miliardi di euro. «Un impatto economico – rileva la Cgia – equivalente a quello che potremmo subire dall’eventuale introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump. Comunque sia, a livello europeo siamo annoverati tra i più stakanovisti: secondo l’Ocse, infatti, solo la Grecia (1.897), la Polonia (1.803), la Repubblica Ceca (1.766) e l’Estonia (1.742) registrano un numero di ore lavorate per occupato all’anno superiore al nostro che, segnaliamo, è pari a 1.734. In Francia sono 1.500 ore per occupato e in Germania 1.343. Un dato, quello italiano, che va interpretato con attenzione: ricordiamo, infatti, che contiamo uno stock di ore lavorate molto elevato ascrivibile, in particolare, a un tasso di occupazione tra i più bassi di tutta Unione Europea».

Una settimana di lavoro in più farebbe guadagnare un punto di Pil. L’analisi prende in esame il lungo ponte di festività che quest’anno si è concentrato tra la Pasqua, il 25 aprile e il 1° maggio. In questi 20 giorni «tante fabbriche, altrettanti magazzini, negozi e uffici si sono svuotati, continuando l’attività al rallentatore. Sicuramente negli alberghi, nei ristoranti e nelle realtà aziendali legate al settore turistico si lavora a pieno regime, ma nei comparti manifatturieri e nei servizi si denota una decisa flessione della produttività». E sarebbero tanti anche i dipendenti che avrebbero deciso di concentrare diversi giorni delle proprie ferie in queste settimane. Tutto ciò ha fatto sì che gli organici nei comparti in cui operano siano rimasti in molti casi sguarniti, soprattutto nel settore dell’industria. «Nessuno di noi – si legge nel rapporto – vorrebbe accorpare o, peggio ancora, cancellare alcune feste comandate o impedire agli operai e agli impiegati di prendersi qualche giorno di vacanza durante i ponti, ci mancherebbe. Tuttavia, il problema sussiste ed ha delle implicazioni sulla produzione della ricchezza del nostro Paese non trascurabile. Un problema che il legislatore ha cominciato ad affrontare addirittura nel 1977, quando l’allora governo Andreotti III decise di cancellare alcune feste religiose, come l’Epifania, San Giuseppe, l’Ascensione, il Corpus Domini, San Giovanni e Paolo, San Francesco e altre. Più recentemente, l’esecutivo di Silvio Berlusconi nel 2004, poi in quello del 2011 e successivamente anche quello guidato da Mario Monti cercarono di mettere mano alla situazione senza riuscirci». La Cgia ha fatto anche il calcolo del valore economico di un eventuale recupero di una settimana di lavoro, tra feste e prefestivi: «Guadagneremmo un punto di Pil che, in termini assoluti, ammonterebbe a circa 22 miliardi di euro». La graduatoria delle aree territoriali più ricche delPaese «L’area provinciale con il valore aggiunto per abitante al giorno più elevato – secondo le stime della’associazione – è Milano. Nella Città Metropolitana lombarda l’impatto sul Pil corrisponde a 184,9 euro al giorno. Seguono Bolzano con 154,1, Bologna con 127,6, Roma con 122 e Modena con 121,3, Aosta con 120,4, Firenze con 119,8, Trento con 119,5, Parma con 115,4 e Reggio Emilia con 113,7. Nella parte bassa della classifica, invece, scorgiamo Enna con un valore aggiunto pro capite di 53,5 euro per abitante, Agrigento con 52,8, Vibo Valentia con 51,5, Sud Sardegna con 50,8, Cosenza con 50,7 e, infine, Barletta-Andria-Trani con 50,6 (vedi Tab. 2).

A livello regionale, infine, la realtà più ricca è il Trentino-Alto Adige con un Pil per abitante giornaliero di 152,8 euro. Seguono i residenti della Lombardia con 140,8, quelli della Valle d’Aosta con 134,5, quelli dell’Emilia-Romagna con 123,8 e del Lazio con 121,3. Tredici province su 20 sono collocate a Nordest Al netto della Città Metropolitana di Milano che, ricorda la Cgia, conta oltre 3,2 milioni di abitanti ed è considerata la più importante area industriale e finanziaria del Paese, nelle prime 20 posizioni della classifica nazionale solo quattro province sono ubicate a Nordovest (Aosta, Genova, Brescia e Bergamo), mentre ben 13 sono collocate a Nordest (Bolzano, Bologna, Modena, Trento, Parma, Reggio Emilia, Vicenza, Trieste, Padova, Verona, Treviso, Belluno e Piacenza). Anche questa graduatoria dimostra come le realtà geografiche dove la presenza delle Pmi è più diffusa, sono anche le aree più virtuose dal punto di vista economico». l