Gazzetta di Reggio

Reggio

L’intervento

«Le nostre vite cambiate e spezzate»

Manuela Praticò
«Le nostre vite cambiate e spezzate»

Una strage silenziosa e quotidiana che rischia di diventare normalità

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Il Primo Maggio è il momento in cui, ogni anno, ricordiamo le battaglie del passato per i diritti dei lavoratori e sosteniamo le rivendicazioni ancora attuali.

In qualità di residente territoriale dell’Anmil, Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, anche quest’anno mi trovo a riflettere con crescente preoccupazione sui dati relativi agli infortuni sul lavoro.

Per questo ritengo indispensabile riportare l’attenzione sulla tutela delle vittime di incidenti sul lavoro e delle loro famiglie, una questione che troppo spesso appare marginale, se non dimenticata del tutto.

Dietro ai numeri freddi e impersonali pubblicati ogni mese dall’Inail, ci sono storie vere, vite spezzate o profondamente cambiate, come la mia, persone alle quali deve, e non dovrebbe, essere garantita una protezione concreta, fatta di prestazioni economiche adeguate, assistenza sanitaria efficace e, soprattutto, reale possibilità di reinserimento nella società e nel mondo del lavoro.

Negli ultimi anni, molto è stato fatto per contrastare la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, ma è evidente che non basta. In Italia manca ancora una cultura della sicurezza radicata, capace di prevenire le troppe tragedie che continuano a ripetersi, spesso con le stesse dinamiche e le stesse cause: inadeguatezza dei dispositivi di protezione, scarsa formazione dei lavoratori, controlli insufficienti, questi sono gli ingredienti di una strage silenziosa e quotidiana, che rischia di diventare la normalità ogni volta che leggiamo un giornale o ascoltiamo un notiziario.

In questo Primo Maggio, vogliamo alzare con ancora più forza la voce e rivolgerci a tutte le istituzioni, ma anche alla società civile, per superare il mero cordoglio di fronte a tragedie “incommentabili” e affrontare finalmente, con determinazione, un dramma che non è più un fenomeno isolato, ma un vero e proprio sistema.

Un sistema in cui lo sfruttamento della forza lavoro si è radicato tra le pieghe della normativa, dei contratti, degli appalti, penetrando tanto nella micro quanto nella macroeconomia del Paese.

Oggi contiamo ancora tre morti al giorno sul posto di lavoro ed è un dato assolutamente inaccettabile.

Serve una mobilitazione collettiva, trasversale, in cui ognuno faccia la propria parte per chiedere giustizia, dignità e trasparenza.

Serve un impegno concreto per coinvolgere non solo le imprese, ma anche le scuole, formando fin da subito i lavoratori del domani e trasmettendo loro una vera cultura della sicurezza.

Facciamo in modo che il prossimo Primo Maggio abbia un sapore meno amaro.