Gazzetta di Reggio

Reggio

Primo maggio

«Morire o infortunarsi sul lavoro è una bestemmia contro la vita»

Serena Arbizzi
«Morire o infortunarsi sul lavoro è una bestemmia contro la vita»

A centinaia per le vie del centro al corteo e ai comizi dei tre sindacati: Cgil, Cisl e Uil: «Il nostro approccio sempre più unitario»

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Reggio Emilia Centinaia di lavoratori, ma anche semplici cittadini, hanno sfilato per le vie del centro storico per onorare il primo maggio e chiedere maggiore dignità sui luoghi di lavoro, dove tante, troppe volte si perde la vita o ci si infortuna senza che si riesca a porre fine a questa emorragia.

Il corteo di Cgil, Cisl e Uil si è mosso a ritmo di musica e accompagnato dagli striscioni di chi chiede certezze e risposte, come i lavoratori Inalca. “I lavoratori sono in trasferta in altri stabilimenti del gruppo, a Mantova, Castelnuovo rangone, Castelvetro, Piacenza – spiega Daniele Donnarumma, segretario di Fai Cisl centrale -. Il nostro obiettivo è che lo stabilimento Inalca torni a Reggio Emilia. Questa situazione sta creando disagio, pensiamo che servano misure certe e speriamo che si intervenga anche attraverso le istituzioni per costruire un nuovo stabilimento qui”.

La lunga serpentina umana è partita da viale Montegrappa  per confluire in Piazza Martiri del 7 Luglio dove si sono svolti i comizi di Rosamaria Papaleo, segretaria generale Cisl Emilia Centrale, Roberto Rinaldi, coordinatore Uil Modena-Reggio e Daniela Barbaresi della segreteria nazionale Cgil, i quali, al termine dei loro interventi coordinati dal segretario della Cgil reggiana Cristian Sesena, hanno lasciato il palco alla musica d’autore con Cristina Donà e Saverio Lanza.

“Quattrocento lavoratori Inalca dopo l’incendio sono pendolari o cassintegrati. Vogliamo risposte certe – ha chiesto a gran voce dal palco Papaleo -. C'è una cosa che ci unisce oltre le sigle. Dobbiamo e vogliamo saper accendere la speranza non solo per i precari o i più disillusi, ma per tutti. Siamo dentro a una rivoluzione industriale dove non ci si può salvare da soli. Oggi ci siamo uniti per dire che morire o infortunarsi sul lavoro è una bestemmia contro la vita, è  una presa in giro contro la vita, una maledizione contro la Costituzione, contro quella responsabilità sociale che sbuca a ogni convegno. Fare sindacato e grande forma di protezione e innovazione. I lavoratori sono costruttori del cambiamento che serve alle imprese per il futuro. Intendiamo portare la cultura del lavoro fuori da una logica difensiva, lo facciamo unendo i destini. Il 25 aprile ci ricorda il potere enorme di una causa comune”. Rinaldi pone l’accento su come il lavoro debba essere “un punto di riferimento e di emancipazione per le persone nel nostro paese, nelle nostre città. I dati sugli infortuni non sono solo numeri, ma persone, ed essendo delle persone hanno una storia, una famiglia e noi contiamo che quando escono di casa possano rientrare.   Servono risposte ai lavoratori di Meta System, di Inalca e altre realtà che ogni giorno soffrono.  Chiediamo un  intervento serio alle istituzioni e al Governo domandiamo cosa aspetti a mettere nelle condizioni di regolarizzare i migranti. Spazio al pensiero confederale che sta venendo avanti: su tanti temi saremo unitari. Ce lo chiede la nostra storia sindacale”.

Barbaresi indica le priorità: “Precarietà, salari e sicurezza sul lavoro. Vanno individuate le misure efficaci per rendere il lavoro stabile e di qualità. Meloni vuol farci credere di vivere nel paese di Bengodi. Un lavoratore su tre e costretto a lavorare senza un rapporto di lavoro standard. Serve un’azione forte di contrasto alla precarietà. C’è chi percepisce retribuzioni lorde di 24mila euro all’anno e un quarto di lavoratori che non arriva a 10mila euro lordi. Significa essere poveri anche se si lavora. Serve una nuova politica salariale. Sulle morti sul lavoro non è tollerabile indifferenza. Mai rassegnarci all’idea che il lavoro porti con sé dei rischi. Occorre investire sulla prevenzione. Vanno elette le rsu in tutti i luoghi di lavoro. Va cambiato un modello produttivo che uccide. E bisogna mettere le mani subito sulla riforma Fornero.