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Schianto mortale in monopattino «La città 30 è l’unica soluzione contro le tragedie»

Schianto mortale in monopattino «La città 30 è l’unica soluzione contro le tragedie»

La presidente Francesca Gioia: «Serve un dibattito sulla sicurezza»

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Reggio Emilia «Non si può colpevolizzare la vittima attraverso un dibattito su dettagli marginali rispetto alla gravità dell’accaduto. Le auto non rispettano l’attraversamento ciclopedonale. La città 30 è l’unico modello perseguibile». Francesca Gioia, presidente di Fiab Tuttinbici Reggio Emilia, propone una riflessione sul sinistro mortale di via Turri «che nasce anche dall’esperienza diretta sul luogo dell’incidente, visitato ieri mattina».

In riferimento allo scontro in cui ha perso la vita un ragazzo di 21 anni alla guida di un monopattino, «sentiamo il dovere di intervenire pubblicamente. Stiamo assistendo a un caso evidente di vittimizzazione secondaria, dove la giovane vittima viene, direttamente o indirettamente, messa sotto accusa – scrive la presidente dell’associazione –. L’uso del casco è previsto dalla norma ed è importante promuovere la sicurezza stradale. Ma questo ragazzo è stato ucciso in piena città, mentre attraversava un percorso dedicato al mezzo che guidava: di fronte a un impatto con un mezzo pesante che travolge e schiaccia un corpo umano, che senso ha ridurre il discorso alla presenza o meno del casco? Chiediamo con forza: è questo il punto? ».

Oggi chi usa monopattini o biciclette o semplicemente va a piedi, prosegue Gioia, «lo fa per motivi reali e concreti: per lavorare, per accompagnare figli a scuola, per studiare, per muoversi con mezzi sostenibili. Non si tratta solo e sempre di un passatempo».

Ieri mattina «ho presidiato l’attraversamento ciclopedonale: le auto in arrivo da Modena, svoltando su via Turri, non rallentano, ignorano la possibilità che qualcuno stia già attraversando. Oggi tutto è diventato performativo: anche attraversare la strada sembra una gara contro il tempo, senza alcun riguardo per chi ha tempi di reazione diversi (anziani, bambini, persone con disabilità). Che facciamo? Vogliamo impedire loro di uscire di casa per “proteggerli”? Questa non è prevenzione. Non è sicurezza. È esclusione e respingimento. La città 30 è l’unica soluzione. Ribadiamo l’urgenza di spostare l’attenzione verso un dibattito serio su mobilità urbana, responsabilità alla guida e diritto alla sicurezza per tutti sulla strada. Esprimiamo vicinanza alla famiglia e a tutte le persone che consideravano Umer Maqbool un amico».