Sanità, de Pascale prosegue sulla sua linea: «Non riapriremo i punti nascita chiusi»
Il presidente della Regione Emilia-Romagna ha presentato a Reggio Emilia la riforma della sanità. L’Unione Bassa Reggiana: «Nel 2024 a Guastalla sono nati 513 bambini»
Reggio Emilia La città del Tricolore è stata scelta per lanciare la riforma regionale della sanità. Nessun taglio ai servizi, ma una riorganizzazione per rendere il sistema sanitario più efficiente. È questo il modello che ha proposto Michele de Pascale, il presidente della Regione, mercoledì 30 aprile a Reggio per la conferenza territoriale socio-sanitaria insieme a Massimo Fabi, assessore regionale alle Politiche per la Salute.
Ai margini dell’incontro con la stampa, de Pascale ha parlato anche di alcuni temi correlati alla sanità, come la questione dei punti nascita. Per quanto riguarda Reggio, nel 2017 chiuse quello di Castelnovo Monti – perché non raggiungeva il numero di nascite consentito – e poi durante pandemia quelli di Guastalla e Scandiano, perché le strutture sanitarie erano state trasformate in ospedali Covid. Rimangono aperti e funzionanti, invece, quelli di Montecchio e naturalmente Reggio Emilia.
«Alcuni sostengono – ha spiegato de Pascale – che l’amministrazione precedente era favorevole ad aprire i punti nascita, mentre l’attuale li vuole chiudere. La verità è che sono stati chiusi negli scorsi mandati, e noi semplicemente abbiamo confermato questa scelta». Il presidente ha dunque ribadito che «da quando mi sono insediato non ho chiuso alcun punto nascita, e per noi la loro riapertura non è un tema. Lo abbiamo detto in campagna elettorale».
«I punti nascita sotto i 500 parti non sono sicuri – ha proseguito –. Ce lo dice la letteratura scientifica. In Emilia Romagna abbiamo tenuto aperto punti nascita con pediatri di 70 anni, di libera scelta in pensione, che non erano mai stati in neonatologia dai tempi dell’università. Lo impone la legge. E noi, per assolvere a quell’obbligo, dato che non ci sono pediatri neonatologi, pur di tenerli aperti abbiamo avuto bisogno di pediatri di 70 anni che non erano mai stati in sala operatoria. Io, però, mio figlio non lo farei nascere dove c’è un pediatra che non ha mai disostruito un neonato in vita sua».
E’ arrivata oggi, venerdì 2 maggio, la risposta dell’Unione Bassa Reggiana alle dichiarazioni di de Pascale, riguardo alla chiusura del punto nascita di Guastalla. «Apprendiamo a mezzo stampa l’intenzione della Regione Emilia-Romagna di non riaprire i punti nascita chiusi o sospesi durante la pandemia Covid-19. Se è comprensibile non mantenere il servizio laddove non si raggiungono i 500 parti anno per questioni di sicurezza, crediamo sia necessario un supplemento di riflessione laddove tale quota era ampiamente raggiunta fino al 2019 e dove ancora oggi si sarebbe in grado di superare il target».
«Prima della chiusura – si legge nella nota – per divenire ospedale Covid, la media dei nati a Guastalla superava infatti i 650 parti/anno e anche i numeri attuali, pur in una situazione di inverno demografico, dimostrano come ci sarebbero i presupposti tecnici per riaprire il punto nascite. Nel 2024, nel solo distretto di Guastalla vi sono stati 513 nati, che diventano un 1.696 se si considera il bacino di popolazione nel raggio di 30 minuti, comprendendo i comuni della Pianura Reggiana e della Bassa Mantovana. È evidente che non tutti quei circa 1.700 nati avverrebbero a Guastalla, ma alla luce delle chiusure nel territorio lombardo il bacino potenziale permetterebbe di andare ben oltre i 500 nati indicati come criterio inderogabile, considerando che in Regione sono ancora attivi punti nascita al di sotto del numero minimo».
«A ciò crediamo vada aggiunta nelle riflessioni la richiesta pervenuta anche da 15 Sindaci mantovani, di diverso colore politico, di riaprire il punto nascite di Guastalla, evidenziandola necessità di tale servizio in un’area della Pianura Padana che rappresenta circa 250.00 abitanti, con valori economici e demografici importanti, che nella situazione attuale avrebbe ospedali troppo distanti rispetto a tale necessità. Siamo consci delle difficoltà relativamente a risorse economiche e umane e nessuno si aspetta risposte in tempi brevi, ma il tema che poniamo non è una bandiera campanilistica bensì una riflessione sorretta da elementi statistici e di pianificazione territoriale che merita un approfondimento ulteriore».
«Per questo confidiamo che il percorso iniziato con l’assessore Fabi sul ruolo dell’ospedale di Guastalla, partendo intanto da un potenziamento dei percorsi pre e post nascita, e la volontà espressa in CTSS di scrivere un nuovo PAL insieme ai territori e ai sindaci ci porti a creare un quadro condiviso a livello provinciale sull’assetto della rete ospedaliera e sulla dislocazione dei servizi. Per questo, continueremo ad offrire elementi conoscitivi, sia statistici che politici, affinché sia valutata fino in fondo l’opportunità della riapertura del punto nascite di Guastalla, portando tale discussione anche nelle sedi consiliari di tutti i Comuni che guardano a questa speranza a cavallo del Po», conclude la nota.