Momo Faye: «L’NBA? Ora la mia priorità è Reggio»
L’intervista al centro della Unahotels
Mohamed – detto “Momo” – Faye, classe 2005, è un giovane centro della Unahotels, arrivato dal Senegal grazie ad Andrea Menozzi nel 2021, che oggi all’età di 20 anni è sotto i riflettori della Nba. Lo abbiamo intervistato.
Sei grato a chi ti ha fatto avvicinare al basket? Ti va di raccontare la tua storia?
«Con il basket ho cominciato per piacere ma anche per caso: vicino a dove giocavo a calcio con i miei amici c’era un campetto di basket e, una volta che finivo con loro, andavo sempre a vedere la gente giocare a basket. Una volta ho provato anch’io e lì è cominciata la mia passione. A distanza di circa 10 mesi, ho deciso di concentrarmi sul basket seriamente e sono andato in un’accademia a Dakar dove ho iniziato ad allenarmi e a crederci. Dopo un anno sono venuto qui alla Pallacanestro Reggiana».
Ti mancano il Senegal e la tua famiglia?
«Si, direi che la mia famiglia un pochino mi manca: è normale, visto che sto facendo questo lavoro qui in Italia. E poi se si vuole diventare qualcuno bisogna fare sacrifici, come lasciare la famiglia e lavorare duro. In Senegal ho intenzione di andarci d’estate quando avrò tempo e farò almeno due o tre settimane per salutare i miei genitori, i miei fratelli e tutti i miei amici».
È stata dura andare a scuola e fare gli allenamenti?
«Sì, un po’ lo è stato, sia mentalmente sia per il fatto che devi adattarti a situazioni nuove, come studiare per la scuola, poi andare ad allenarti a basket. I miei primi anni da professionista non sono stati facili perché avevo tante cose da capire e da studiare per adattarmi velocemente a una nuova lingua».
Che rapporto hai con i tuoi compagni di squadra?
«Un bel rapporto, siamo come una famiglia visto che ormai passiamo più tempo insieme che con quella vera: ogni giorno per via degli allenamenti ci vediamo almeno tre ore, e facciamo tante cose insieme. Sono davvero fortunato ad avere dei compagni come loro, perché sono per prima cosa brave persone ancor prima di essere dei bravi giocatori».
Della squadra della scorsa stagione sei rimasto in contatto con qualcuno? Ti mancano i compagni?
«Non userei il termine “mancare” perché ormai lo sport è così: per noi è una passione ma anche un business quindi approfittiamo del tempo che abbiamo per stare insieme. Comunque anche con loro mi trovavo bene, infatti con alcuni mi sento ancora».
Ti ha fatto effetto giocare contro Galloway?
«Si, giocare contro di lui sì. Quando eravamo in squadra insieme lui veniva dalla Nba ed era alla sua prima esperienza in Europa, averlo in spogliatoio e come compagno di squadra, è stato tutto molto importante per me e mi ha portato a crescere».
Dove speri di arrivare con la tua carriera? Sogni l’Nba?
«Si, punto in alto però non è per me un’ossessione dover andare per forza in Nba o in Eurolega. Per me l’unica cosa davvero importante è provare a controllare il presente perché il futuro è incontrollabile. Io cerco di fare del mio meglio e di dare il massimo per arrivare tra i più alti livelli del basket perché comunque questo è un sogno per me».
Dicono che sia difficile che tu possa rimanere a Reggio Emilia a lungo, perché hai un talento riconosciuto.
«Direi di sì, ma non si sa mai. Per me conta che oggi qui io mi trovo molto bene e sto approfittando del tempo che ho qui a Reggio per crescere, poi come ho detto prima, il futuro è una cosa che non posso controllare, ora sono molto concentrato sul presente e sulla squadra, poi dopo vedremo».
Cosa fa un ragazzo di 20 anni quando non è ad allenamento durante il pomeriggio, la sera? Come passi il tuo tempo libero?
«Visto che non è molto, non faccio quasi mai cose fisse, per adesso mi sto concentrando sulla patente, che dovevo fare l’anno scorso però, non avendo tempo, tra scuola ed allenamenti non riuscivo mai ad andare. Adesso invece leggo un pochino e provo a fare i quiz. Poi parlo con la mia famiglia, visto che è all’estero. Con i miei amici a volte sto a casa a giocare con la Playstation».
Quindi hai un gruppo di amici reggiani?
«Sì, mi sono fatto tanti amici».
Tornando al basket, hai dei riti scaramantici o cose per portare fortuna che fai prima di una partita?
«No perché sono una persona che non crede molto nella fortuna, direi quasi che non esiste: penso che per avere una cosa tu debba lavorare duro. Però nel giorno della partita ho l’abitudine, dall’anno scorso, di provare a sentire mia mamma e parlo con lei un pochino perché è qualcosa che mi tranquillizza».
Economicamente li aiuti i tuoi genitori in Senegal oppure non ne hanno bisogno?
«A volte mi viene voglia di fare qualcosa per loro, ma in ambito economico sono messi bene e ciò mi permette di essere anche più tranquillo».
In cosa deve migliorare Momo Faye in campo?
«Direi su tutto, perché anche se hai una abilità per non perderla devi lavorarci ogni giorno per migliorarla. Il tempo ce l'ho e spero di poter avere la salute per potermi allenare e non avere interruzioni».
Che cosa si prova quando siete a giocare al Bigi e sentite tutto un palazzetto che tifa per voi?
«Eh...è molto bello, perché è come se il palazzetto e la gente siano il sesto uomo. A volte capita durante la partita di non essere al massimo delle nostre forze e di spegnerci pian piano, cominciando sbagliare tanti tiri: ecco, basta che ci sia una piccola azione bella o che qualcuno faccia canestro che ti incitano e ti spingono a dare il meglio».
*Studentessa del liceo Chierici