Viaggio alla scoperta di Sd Factory «Bussola per i creativi della città»
L’intervista al direttore artistico dello spazio Luca Del Monte
Nella città di Reggio Emilia SD Factory è diventata in sei anni un punto di riferimento per giovani creativi. Abbiamo intervistato Luca Del Monte, coordinatore e direttore artistico della Factory, per scoprire la storia e le prospettive di questo spazio innovativo in cui l’arte e la cultura si intrecciano con la formazione e il mondo del lavoro.
Come nasce l’idea di SD Factory?
«L’idea è nata da anni di lavoro con i giovani, intuendo che l’arte e la creatività fossero strumenti fondamentali per coinvolgerli. Abbiamo avuto l’opportunità di gestire uno spazio molto grande e l’abbiamo trasformato in un luogo dove progetti artistici e creativi potessero trovare una casa. In questi sei anni, SD Factory è diventato un punto di riferimento per molti giovani che lo vivono come un ambiente familiare in cui esprimersi».
Cosa significa il nome SD Factory?
«Factory richiama il concetto di fabbrica creativa. SD, invece, inizialmente si riferiva ai Chiostri di San Domenico, che avrebbero dovuto ospitare eventi culturali. Quando questo non è accaduto, il nome è rimasto. Oggi, scherzando, diciamo che SD sta per la scheda di memoria di un telefono o un computer, che raccoglie e mette insieme tanti file artistici».
Quali corsi vengono proposti all’interno di questo spazio?
«Offriamo diversi laboratori gratuiti, tutti seguiti da professionisti. Attualmente ci sono due corsi di videomaking (uno base e uno avanzato), un laboratorio di fotografia e uno di produzione musicale. A breve partiranno corsi di scrittura creativa, video mapping, hip-hop e teatro-danza. Oltre ai laboratori, SD Factory ospita gruppi artistici autonomi: compagnie teatrali, musicisti e collettivi fotografici che sviluppano i loro progetti qui».
SD Factory aiuta i giovani a entrare nel mondo del lavoro artistico?
«Sì, abbiamo diversi progetti per avvicinare i giovani al mondo del lavoro creativo. Uno di questi è START, che fornisce formazione, networking e supporto per la costruzione di progetti artistici. Lavoriamo con giovani dai 14 ai 35 anni e, per chi ha più di 20 anni, il nostro obiettivo è facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro. Creiamo opportunità concrete, come residenze artistiche per la produzione di spettacoli teatrali che poi girano in Italia e in Europa. SD Factory è un po’ come un incubatore informale di idee e progetti, una sorta di start-up per la creatività».
Avete in programma iniziative per connettere gli artisti al mondo del lavoro?
«Sì, stiamo lavorando all’idea di un Job Day dedicato alle professioni artistiche. L’obiettivo di questa iniziativa è far incontrare aziende e giovani professionisti del settore creativo, come fotografi, videomaker, grafici e social media manager, per un possibile posto di lavoro. Vorremmo collaborare con lo sportello InformaGiovani e il centro per l’impiego per realizzare una giornata in cui far incontrare domanda e offerta di lavoro nell’ambito dell’arte e della creatività. È un progetto ambizioso, ma speriamo di concretizzarlo entro la fine della primavera».
Quanti collettivi o gruppi si sono formati dopo aver partecipato ai vostri corsi?
«Principalmente sono nati due collettivi stabili: “Cavedio” e “Frame”, il primo legato alla fotografia e l’altro al videomaking, ma soprattutto sono nate tante esperienze portate avanti dai ragazzi che, dopo i laboratori o altri progetti di formazione ai quali hanno partecipato, hanno creato e portato alla SD Factory i loro progetti: mostre fotografiche, documentari, spettacoli di teatro ma anche delle performance interattive che mescolano le diverse forme artistiche».
Alcuni di questi gruppi gravitano ancora intorno alla SD Factory?
«Sì, molte persone che sono passate di qua sono rimaste in contatto con l’associazione, perché è un luogo accogliente ma anche perché offre delle opportunità ai ragazzi che cercano di approcciarsi al mondo dell'arte. Qui trovano un posto dove possono sperimentare in modo sicuro senza spendere troppo. La SD Factory è un luogo di protezione che ti spinge a sperimentare e quindi anche un posto di apertura che ha permesso a molte persone di rimanere in contatto. Ci sono persone che sono dentro l’associazione da molti anni e che continuano a dare il loro contributo, per esempio ci sono giovani che hanno iniziato da minorenni e sono cresciuti all'interno di questo spazio, costruendo la loro formazione e curriculum.
Ogni anno si registrano circa 15mila accessi, con 300-350 ragazzi che ogni settimana frequentano gli spazi per laboratori, progetti e formazioni, nonostante lo spazio operi solo nel pomeriggio. Questo è possibile grazie alla gestione autonoma degli spazi, che permette la presenza di cinque o sei persone per garantire il corretto funzionamento senza la necessità di un custode».
Vuole raccontarci la storia di qualche giovane che è riuscito ad eccellere dopo essere uscito da SD Factory?
«Prendo una storia un po' più comunitaria perché mi piace di più parlare di gruppi che di singole persone. Nel corso degli anni, da alcuni laboratori di fotografia che abbiamo fatto si è creato un gruppo di dieci persone, provenienti da laboratori diversi, che hanno creato il collettivo “Cavedio”. Questo gruppo ha realizzato tre mostre fotografiche per “Fotografia Europea”, pubblicando due cataloghi, e ancora oggi si ritrova negli spazi della Factory per ragionare e parlare di fotografia. Sono partiti da giovani costruendo un percorso insieme, raggiungendo un’eccellenza nel lavoro di gruppo e nell’arte».
Collegandosi con questo corso di fotografia, in cosa consiste e che opportunità dà questo corso?
«Il laboratorio di fotografia è abbastanza lungo perché dura cinque mesi con un fotografo professionista. Alla fine del percorso si arriva a costruire una mostra per “Fotografia Europea” dando la possibilità di confrontarsi con un pubblico. In questi gruppi che nascono dai laboratori c’è chi rimane in SD Factory e continua il suo percorso, c’è invece chi si prende il proprio pacchetto di competenze apprese e lo spende o lo continua da qualche altra parte».
*Studentesse del Chierici
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