«Mi dissero che c’era bisogno di una “nonna” per tutti quei bambini e sono partita per la Bolivia»
La fondatrice dell’associazione “Casa de los Niños” di Roteglia, Luciana Casali, oggi ha 88 anni: «Facevo da mangiare per tutti, preparavo loro le ricette reggiane, come tortelli, lasagne e cappelletti»
Roteglia Una grossa fetta del successo dell’associaizone “Casa de los Niños” è dovuta alla propria vulcanica presidente. Luciana Casali ha 88 anni e prima di mettere in piedi l’associazione non era mai uscita da Roteglia.
«Tutto è nato quando mio figlio Fausto, si recò a Santa Cruz, non lontano da Cochabamba. E lì conobbe dei volontari dell’Operazione Mato Grosso. Dato che lavora nell’ambito delle ceramiche, riuscì a spedire in Bolivia un container di mattonelle, come donazione. Loro ne usarono solo una parte, e allora decisero di darle al missionario Aristide Gazzotti, che costruiva case e aiutava i giovani. Lui è di Toano, e quando ha visto la scritta “Roteglia” sopra le mattonelle ha voluto conoscere mio figlio».
E come la convinsero ad andare in Bolivia?
«Mi dissero che c’era bisogno di una “nonna” per tutti quei bambini. Da quel momento lì ho fatto tanti viaggi a Cochabamba. Facevo da mangiare per tutti, preparavo loro le ricette reggiane, come tortelli, lasagne e cappelletti. Ho fatto diversi corsi di cucina per le mamme, e loro sono state brave e disponibili ad imparare. Poi sono cominciate le adozioni a distanza. Abbiamo aiutato veramente tanti bambini, che là non avevano niente».
Come siete cresciuti nel tempo?
Risponde Gianni Cavazzoni, il genero della fondatrice: «Siamo riusciti a costruire una “cittadella” con più di 100 case, un asilo nido, una scuola primaria e una media. Abbiamo fatto laboratori di cucina e si è costituita una cooperativa edile che ha costruito le case, e faceva lavori anche al di fuori della cittadella. Ultimamente abbiamo quasi finito una specie di hospice. Non è per malati terminali, ma per i bambini che hanno bisogno di cure sistematiche tutti i giorni».
C’è un forte disagio giovanile in Bolivia?
«Parliamo di uno dei Paesi più poveri del mondo, con una corruzione alle stelle e un tasso di alcolismo molto elevato. Circolano diverse malattie, tra cui l’Aids, che colpisce anche i bambini più piccoli. Hanno un senso della vita molto semplice, per loro non esiste il superfluo, ma solo l’essenziale».
Luciana, quante volte è andata in Bolivia?
«Sei o sette volte, o forse di più. Ho fatto viaggi anche da sola, ma ho sempre trovato persone che mi hanno dato una mano. La prima volta che sono andata in Bolivia, non ero mai uscita da Roteglia, e avevo 65 anni. Ho preso quattro aerei per arrivare. Ma non ho mai avuto paura, anche quando sono andata da sola, nonostante non conoscessi la lingua. Da allora appena potevo ci andavo. Mi sono fermata adesso perché sono anziana (ride ndr)».
Le manca non poterci tornare?
«Molto, anche perché sono cambiate tante cose rispetto a quando abbiamo iniziato. Ci sono andata perfino in carrozzina. Sono state esperienze bellissime. Ma continuo a parlare e voler conoscere tutte le persone che vanno in Bolivia in missione».
I volontari provengono quasi tutti dalla zona del reggiano?
Torna a rispondere il genero Cavazzoni: «No, vengono da tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Cile, dalla Spagna all’Austria. Aristide Gazzotti ha diversi contatti e conosce molto persone. Anche a livello di aiuti economici ci arrivano un po’ ovunque. Abbiamo una convenzione anche con diverse farmacie del territorio che ci riforniscono dei medicinali che vengono restituiti, e noi li spediamo in Bolivia». l