L’appello del procuratore di Reggio Emilia: «Denunciate gli stalker»
Paci: ««A tutte le persone che si trovano in una relazione tossica di questo tipo, raccomando: denunciate, denunciate, denunciate»
Correggio «Purtroppo, in questo caso, è mancata la denuncia da parte della vittima di stalking, che forse avrebbe potuto evitare il peggio». È stato perentorio, il procuratore capo Calogero Gaetano Paci, nel definire il delitto di Prato come un femminicidio classico dovuto all’abbandono, «commesso da un uomo affetto da dipendenze e con un’esistenza ai margini, senza affettive relazioni sane». Premettendo che «il fermo per indiziato di delitto è un provvedimento pre-cautelare che dovrà essere convalidato dal gip» – con tutta probabilità lunedì – e che «la cautela e la presunzione di innocenza è d’obbligo», il dottor Paci ha fatto intuire che non ci sono dubbi sulla ricostruzione della «triste vicenda», grazie alle «dichiarazioni spontanee» rilasciate da Peter Pancaldi che hanno permesso, «anche grazie alla tempestiva collaborazione dei carabinieri di Modena», di risolvere il caso in 48 ore. La difficoltà dell’indagine semmai, secondo il procuratore è stata legata al fatto che «il corpo non presentava segni di violenza».
Non c’erano tracce di sangue né di colluttazione nell’appartamento, sebbene sia stato trovato «in condizioni di degrado». Tutte le informazioni testimoniali a disposizione dei carabinieri e le verifiche svolte per ricostruire «il buco temporale della scomparsa, difficile da riempire senza il cellulare di lei», convergevano verso un epilogo negativo, ma «in assenza di lesioni evidenti sul corpo non si poteva escludere la morte naturale». Né c’era un’arma del delitto, che può essere stato compiuto a mani nude o con un cuscino. «Un particolare di valenza indiziaria notevole», secondo Paci, è stato riferito dalla sorella di Daniela: al culmine di litigi sempre più frequenti, lui aveva l’abitudine di mettere una mano sulla bocca e sul naso di lei, quasi a soffocarla. «Una modalità ricorrente», secondo la familiare, accompagnata dalla minaccia – che oggi assume un senso di presagio sinistro – «ti ucciderò così». I segnali di una relazione travagliata e inquietante, che avrebbe potuto andare diversamente, c’erano tutti. La sorella Leontina, legatissima a Daniela tanto che le due si sentivano diverse volte al giorno, sapeva tutto di quell’uomo con il quale la 48enne aveva allacciato una relazione nel giugno del 2024.
Una frequentazione travagliata, fatta di alti e bassi, a causa – sempre secondo il racconto della sorella – dell’ossessività di lui, che pretendeva di controllare Daniela. Più che violento, possessivo: lei doveva riferire tutti i suoi spostamenti, lui minacciava chiunque la frequentasse facendo terra bruciata intorno e arrivando a infastidire anche alcuni amici “colpevoli” di frequentare la stessa palestra della 48enne. Non esitava ad alzare le mani, Pancaldi, quando era sotto l’effetto della droga o dell’alcol. Eppure, più che gli scoppi d’ira del compagno che pure spaventava Daniela, a provocare il distacco tra i due è stata quella manìa di controllo che trasformava Pancaldi in uno stalker soffocante. È questo che, alla fine, ha spinto la donna a troncare. Nonostante tutto questo, nonostante la paura per la propria incolumità, Daniela non ha mai sporto denuncia per stalking. Ed è proprio su questo aspetto che si è soffermato il procuratore Paci. «A tutte le persone che si trovano in una relazione tossica di questo tipo, raccomando: denunciate, denunciate, denunciate – ha dichiarato Paci – Dovete compiere il passo fondamentale della segnalazione alle forze dell’ordine, che in questo caso purtroppo è mancato: qui non c’è stato modo di aiutare e tutelare la vittima, la vicenda è rimasta sommersa fino al tragico epilogo». Eppure gli strumenti esistono. «Quasi quotidianamente vengono emesse misure cautelari e interdittive, dall’ordine del questore al divieto di avvicinamento, che hanno appunto la finalità di prevenire. Invito le persone a superare la ritrosia, la vergogna, la pietà per l’altro. La posta in gioco è alta: si rischia la vita, restando a fianco di chi non riesce a controllare i propri impulsi». L’appello è quello di «denunciare sempre, solo così si avrà la possibilità di essere tutelati». © RIPRODUZIONE RISERVATA