Medici di base merce rara: a Reggio Emilia ne mancano 209
La stragrande maggioranza dei medici di base reggiani ha circa 1.500 pazienti, con casi limite che posso arrivare fino a 1.800
Reggio Emilia Un tempo, soprattutto nei piccoli paesi, il medico di famiglia componeva il quadrumvirato più importante, assieme al sindaco, al parroco e al maresciallo dei carabinieri. Ora, anche i parroci cominciano a scarseggiare, ma la merce più rara sono loro: i medici di medicina generale. Un male che accomuna il nord al meridione del Paese: a tutte le latitudini i medici di medicina generale sono sempre di meno, e così è anche a Reggio, soprattutto se si sposta in avanti lo sguardo.
La situazione
Secondo i dati dell’ultimo bando regionale, a fronte di un fabbisogno – in tutta l’Emilia Romagna – di 1.434 posti, hanno risposto solo alla chiamata 349 medici che tra giugno e luglio dovrebbero prendere possesso dei loro nuovi ambulatori. Saranno loro a scegliere e questo rende oggi molto difficile stabilire, ad esempio, quanti di questi 349 candidati possano abbassare la quota degli incarichi vacanti su Reggio che, a marzo erano 209. Un dato che colloca la nostra provincia sul terzo gradino del (poco lusinghiero) podio dei medici di base che mancano: davanti a Reggio ci sono Bologna (seconda con 247 posizioni da assegnare) e Modena (prima, con 267 incarichi da assegnare). Più leggera la situazione sembra in provincia di Parma dove all’appello mancherebbero “solo” 145 medici di famiglia. Invero, a spiegare la complessità di una situazione che in questi ultimi anni ha vissuto e sta vivendo una autentica rivoluzione non bastano i numeri che, sparati così, potrebbero addirittura portare fuori strada. Ne sa qualcosa Marina Greci che guida il Dipartimento cure primarie dell’Ausl di Reggio e che da tempo ha fatto del suo lavoro una missione: «Nessuno deve restare senza assistenza medica. E a Reggio oggi è così: nessuno è senza medico di base».
Le contromisure
In attesa che, agli inizi di luglio qualcuno tra i 349 medici che hanno aderito al bando regionale scelga di lavorare in provincia di Reggio, l’Ausl non resta a guardare: quando la direttrice del dipartimento cure primarie assicura che l’assistenza di base è oggi garantita a tutti i reggiani lo fa sulla scorta di dati di fatto. Prima di addentrarci nelle pieghe di questi numeri occorre fare una premessa: il numero, oggettivamente alto dei posti vacanti è il frutto di un unica graduatoria che nel 2024 ha preso il posto delle due graduatorie che erano fino a quel momento distinte e separate, da una parte i medici di medicina generale e dall’altra i medici di guardia medica. Ora queste due figure, sulla base del nuovo contratto nazionale sono in una graduatoria, quella dei medici di ruolo unico . Resta da capire come possano oggi i 304 medici di medicina generale coprire tutte le aree della provincia, anche quelle più problematiche. La prima operazione è anche la più facile da mettere in pratica: se in un mondo ideale, la quota di pazienti per ciascun medico è di 1.200, in questi anni questo numero è diventato una sorta di chimera: i casi in cui a Reggio Emilia un medico di base assista “soltanto” 1200 pazienti sono davvero pochi e tutti circoscritti a particolari condizioni di vita degli stessi professionisti (pensiamo soltanto alle donne che devono dividersi tra l’ambulatorio e l’accudimento di un bimbo piccolo). La stragrande maggioranza dei medici di base reggiani ha invece circa 1.500 pazienti, con casi limite che posso arrivare fino a 1.800. «Da un lato dunque – spiega Greci – si è allargata la platea dei pazienti, dall’altra si è cercato di allargare quella dei medici, aprendo alla possibilità di contratti a tempo determinato».
I contratti
Chi sono i destinatari di questi contratti? «Sono – spiega Simone Storani, responsabile Area centro all’interno del Dipartimento guidato dalla dottoressa Greci – medici che stanno frequentando il corso triennale di specializzazione in Medicina generale e che, già dopo il primo anno, possono vedersi assegnare un ambulatorio di cui diverranno poi titolari una volta terminato il triennio di specializzazione». Tuttavia anche questa fucina che dovrebbe forgiare i medici di famiglia del futuro costituisce un ulteriore campanello d’allarme a proposito dello scarso appeal di questa particolare professione medica. «Negli anni – sottolinea Storani – il corso triennale che si tiene a Reggio ha sempre avuto dai 20 ai 30 iscritti. Nell’ultima occasione, gli iscritti al primo anno erano in tutto otto». Sulle cause di questa perdita di prestigio della professione di medico di base, il dibattito è aperto: «Certamente – sottolinea Marina Greci – ci sono specializzazioni che per chi esce oggi dalla facoltà di medicina, esercitano un fascino maggiore, magari perché offrono prospettive più interessanti sul fronte della libera professione. Il nuovo contratto collettivo? A mio avviso potrà invece costituire uno stimolo per chi vuole avvicinarsi a questa professione medica. Grazie anche alle linee guida che sono contenute nel Dm77 che ridisegna la medicina sul territorio, i medici di base potranno dedicarsi in maniera più strutturata all’assistenza ai pazienti cronici». Certo, la condizione imprescindibile è quella che cresca anche il numero di coloro che vogliono intraprendere questa particolare professione medica. In attesa che questo accada, all’Ausl corrono ai ripari, soprattutto nei territori dove è più difficile trovare un medico. «Nella nostra provincia – spiega Greci – la minore attrattività la registriamo nella Bassa e sull’Alto Crinale, dove però abbiamo attivato un nucleo di assistenza territoriale. © RIPRODUZIONE RISERVATA