L’unica anguria Igp d’Europa è reggiana: ecco perché è così speciale
Tre tipologie, la caratterista principale è il grado zuccherino: la produzione nella Bassa. Solo l’azienda Bartoli ne produce circa 2 milioni di chili l’anno
Novellara In tutta la Bassa, viene coltivato un prodotto unico e considerato un’eccellenza. Si tratta dell’anguria reggiana, che detiene da quasi dieci anni il marchio Igp. Viene coltivata in tutti e sedici Comuni grazie a terreni con caratteristiche chimiche e fisiche particolari. Per via della grande quantità d’argilla, ciò conferisce un grado zuccherino più alto al prodotto oltre che un colore più vivace. Sono diverse le aziende che la coltivano e la esportano in tutta Italia ed Europa. Tra queste troviamo l’Azienda agricola Bartoli. Nata negli anni ’50, ad oggi conta 80 ettari di coltivazioni, di cui 40 destinati alle sole angurie. Ciò consente di avere una produzione di circa 2 milioni di chili l’anno. «La nostra è una zona tipica di angurie già da un centinaio d’anni – racconta Ivan Bartoli, il titolare dell’azienda - Perciò, sui mercati era già riconosciuta l’anguria di Novellara e quella di Santa Vittoria, che forse è ancora più storica. Negli anni si è un polo di produzione, e le varie aziende agricole si sono specializzate allestendo diverse serre. Nel 2005, tutti noi produttori di Reggio Emilia ci siamo incontrati in Provincia e una cordata ci ha proposto di provare a dare un titolo Igp alla nostra anguria. Quindi, dapprima abbiamo costituito un’associazione, che nel novembre 2016 è riuscita ad ottenere il marchio Igp, primi e finora unici in Europa per un’anguria. Nel 2021 è nato il consorzio, di cui sono presidente».
Quali sono le caratteristiche che definiscono l’anguria reggiana Igp?
«C’è un disciplinare di produzione, che è stato stilato negli anni. La caratterista principale, e più importante per il consumatore, è quella di avere un grado zuccherino pari a 12 gradi Brix. Inoltre, garantiamo ancora la staccatura tradizionale, con la battitura, da un minimo di tre ad un massimo di dieci passaggi nella stessa coltura».
Cioè?
«Lo “staccatore” è una figura storica nelle nostre zone. Hanno il compito di battere le angurie, per capire a che grado di maturazione sono arrivate e garantire quella ottimale. Negli ultimi anni, purtroppo, è emerso il problema delle raccolte estensive. Il nostro cliente, invece, ha bisogno di una certa affidabilità del prodotto». Come si riconosce il grado di maturazione di un’anguria? «Prima ancora c’è l’aspetto visivo. Il coloro del frutto è un grande indicatore: appena il verde arriva ad una certa tonalità, allora si cominciano a battere. Si controlla, inoltre, un ricciolino attaccato al picciolo: se è secco allora l’anguria è abbastanza matura. Infine, si tiene conto del suono che emette il frutto una volta battuto, che cambia in base all’asola dei semi. Usiamo delle speciali roncole per batterle».
Quando avviene la raccolta?
«Abbiamo cominciato ieri. In genere si fa dal primo di giugno al 15 settembre. Ma si può cominciare anche prima. Quasi tutto il prodotto viene coltivato in serra, tranne che nei mesi di agosto e settembre, che si fa a pieno campo».
Qual è il modo migliore per consumare un’anguria reggiana?
«Dev’essere tenuta al fresco. Il modo migliore sarebbe al naturale, ovvero la classica fetta grande. Perché le nostre angurie sono storicamente molto più grandi rispetto alle altre. E questo fa sì che anche la qualità sia migliore. Il sapore è totalmente differente rispetto alle angurie più piccole che si trovano nei supermercati».
Si può usare anche in alcune ricette?
«Alcuni nostri clienti sono chef e la usano in cucina. Per esempio Bottura so che viene spesso a rifornirsi da noi, e anche lo chef Carlo Gozzi (del ristorante “L’incontro” di Carpi), che attraverso diversi tipi di marinature, fa diventare l’anguria simile al tonno. È venuto spesso anche a Miss Anguria. Si può anche grigliare e diventa come una bistecca».
Sono tre le tipologie di angurie reggiane?
«Sì, certo. Garantiamo che sui nostri terreni crescono frutti con più o meno le stesse caratteristiche. C’è quella nostrana, la Miyako, che ha la forma tonda e che si vende molto a Reggio Emilia. Altrimenti, nel resto d’Italia e Europa, vendiamo le Crimson e Sentinel, che hanno la forma ovale e allungata. Quest’ultima, viene anche chiamata “l’americana”, che ha un ottimo grado zuccherino e viene molto apprezzata nei mesi più caldi. Tutte e tre queste tipologie possono diventare anguria reggiana Igp, a patto che vengano coltivate nei nostri terreni e che raggiungano almeno 12 Brix». © RIPRODUZIONE RISERVATA