Due reggiani sull’Etna in eruzione: «Boati fortissimi, poi lama di fuoco, i lapilli»
Giovanni Ghirarrdini di Toano e la moglie hanno deciso di continuare a salire con la guida: «Uno spettacolo della natura maestoso»
Toano «Era la prima volta che salivo sull’Etna e mai avrei immaginato di assistere a un tale spettacolo della natura. Una bellissima avventura». A parlare è Giovanni Ghirardini, geometra di Toano di 54 anni e parte attiva nell’associazione Val Dolo, con la moglie Jessica Monari, dipendente del Comune di Toano. Lunedì mattina i reggiani si trovavano sul vulcano siciliano proprio nell’istante in cui è avvenuta la violenta eruzione che ha avuto un’eco nazionale: il cratere di sud-est è in parte crollato, con intense esplosioni e una colata lavica che ha alzano una gigantesca nube di fumo nero alta chilometri.
Secondo l’Invg (l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) di Catania la massiccia fuoriuscita lavica – nel versante più attivo, negli ultimi 15 anni – sarebbe stata provocata da un flusso piroclastico prodotto da un collasso del fianco settentrionale del cratere di sud-est. «Io e mia moglie ci siamo recati in Sicilia per motivi personali, per partecipare a un matrimonio svoltosi sabato. Poi, approfittando del ponte, abbiamo avuto due giorni per fare i turisti», racconta Ghirardini. Da qui l’idea di salire sull’Etna, con un tour organizzato che contava 25 partecipanti molti dei quali stranieri. «Tra l’altro la nostra guida friulana conosce la Pietra di Bismantova per averla arrampicata più volte; abbiamo parlato anche del simbolo del nostro Appennino».
L’avventura è iniziata nell’incertezza dovuta al movimento sismico. «Le funivie sono state chiuse, perciò siamo saliti in pulmino fino a 2.500 metri per poi camminare per tre-quattro ore salendo lungo il versante sud-est (anziché quello principale, dove c’è stato un fuggi fuggi di turisti sotto la pioggia di lapilli) fino a 2.800-2.900 metri». È esattamente la quota dell’eruzione, cui ha assistito il gruppo a una distanza di due chilometri. «A mezzogiorno all’improvviso abbiamo sentito dei boati fortissimi, come se fosse un temporale, in progressivo aumento». Boati che hanno fatto tremare le case e scattare l’allerta rossa per l’aeroporto. Poi «la lama di fuoco, i lapilli: per un attimo si è visto anche il magma». La reazione dei coniugi Ghirardini è stata diversa. «Mia moglie ha avuto paura: continuava a chiedermi se fossi sicuro di salire, voleva tornare indietro, preoccupata anche perché i turisti erano pochissimi – prosegue Giovanni –. Devo dire che io mi sono fidato della guida, che mi è parsa sicura di sé, seria e ponderata: si teneva in continuo contatto via telefono con gli organizzatori per monitorare la sicurezza e, dopo esserci fermati per mangiare un panino, ha deciso di rimanere accorciando solo il percorso». Il geometra ha pensato di essere stato fortunato. «A trovarmi lì in quell’esatto momento, forse un po’ pericoloso con il senno di poi. È stato uno spettacolo della natura, di una tale maestosità e imponenza da farti sentire quanto sia piccolo l’essere umano. Ne è valsa la pena». Alle 14.30, quando gli escursionisti sono ridiscesi, «si era già tutto calmato, c’era solo la nube nera, abbiamo potuto scendere in funivia nel frattempo riaperta». Nel tardo pomeriggio i reggiani erano in aeroporto. «Non c’è nemmeno fuliggine in città e, grazie ai venti che tirano in altra direzione, i voli sono tutti confermati». l © RIPRODUZIONE RISERVATA