Paura alla Rems: paziente appicca un incendio in stanza per essere trasferito
Reggio Emilia: le fiamme fanno partire l’antincendio che apre tutte le porte. Struttura evacuata e intervento delle forze dell’ordine
Reggio Emilia Un’altra mattinata di paura alla Rems, la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza di via Montessori a Reggio Emilia. Nella struttura sanitaria di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi, dove già in passato si sono registrate criticità dal punto di vista della sicurezza, un paziente italiano sui 30 anni che vuole essere trasferito a Bologna ha appiccato il fuoco al cuscino della sua stanza e a una giacca: un principio d’incendio che ha costretto le forze dell’ordine a intervenire in modo massiccio.
Ad accendere la miccia dell’atto dimostrativo il fatto che il paziente – sul quale pende un processo per stalking nei confronti della ex, ma è stato dichiarato seminfermo di mente – da giorni insisteva per essere trasferito in una struttura psichiatrica (non per criminali) a Bologna. Quando mercoledì alle 10 il personale medico gli ha comunicato l’ennesimo diniego, poiché a Bologna mancano i posti disponibili, il 30enne ha pensato bene di protestare a modo suo, aggredendo verbalmente il personale e appiccando il fuoco nella sua stanza. Gli allarmi del sistema antincendio sono subito scattati; le guardie giurate di Coopservice sono prontamente intervenute imbracciando gli estintori e spegnendo le fiamme. Ma a quel punto in automatico si sono aperte le porte tagliafuoco, il fumo ha invaso diverse stanze e per evitare che l’agitazione potesse trasmettersi agli altri ospiti, il direttore della Rems, Federico Boaron, ha chiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Sul posto sono arrivati i vigili del fuoco, due pattuglie delle Volanti della polizia e una gazzella dei carabinieri. In realtà il principio d’incendio era già stato domato e i pompieri si sono limitati alla prevenzione, arieggiando tutte le finestre, dopo l’ingresso di carabinieri e poliziotti con gli scudi antisommossa. Questo ha consentito di far rientrare l’allarme, senza ulteriori problemi, in meno di un’ora.
«L’evacuazione della struttura non è stata necessaria e la stanza del paziente è agibile», ha sottolineato la direzione dell’Ausl. L’accaduto ha riportato d’attualità il nodo sicurezza nella Rems. Dopo la clamorosa aggressione con fuga nell’agosto scorso da parte di un paziente 29enne, si era svolto un summit tra Rems, Ausl, prefettura, questura e sindacati per correre ai ripari con un servizio di vigilanza privata interna. Ma la burocrazia ci ha messo lo zampino e, a distanza di quasi un anno, ben poco si è mosso. «È una situazione incredibile: la legge 81 del 2014 esclude la presenza di forze dell’ordine nelle Rems e non consente altro personale armato. Il risultato è che in servizio h24 c’è solo una guardia giurata armata all’esterno dei reparti, che controlla le telecamere ma che non può entrare in caso di pericolo», spiega Gennaro Ferrara, leader di Cisl Fp Emilia Centrale. L’8 maggio il sindacato ha sollecitato l’Ausl e il 28 maggio è arrivata la risposta. «Le istituzioni preposte devono chiarire come sia possibile l’intervento all’interno della Rems di guardie giurate particolari non armate. Il questore di Reggio ha interpellato il Ministero dell’Interno ma al momento non risultano risposte, ha scritto l’Ausl – prosegue Ferrara – È stato analizzato anche il piano b, cioè l’impiego di “operatori tecnici della sicurezza”. Tuttavia, con la norma vigente, anche questa figura non corrisponde alla funzione di tutela del personale e dei pazienti Rems». Ci sono stati miglioramenti, prosegue il sindacalista. «Ausl ha attuato un pacchetto di 11 misure, tra le quali l’incremento della videosorveglianza: la Rems è dotata di 36 telecamere perimetrali e 42 interne, è stata modificata la collocazione dei metal detector e pure ricollocato il mobilio per agevolare la fuga di un sanitario in caso di aggressione. Sono misure apprezzabili, le uniche che Ausl può attuare in queste condizioni. Ma non bastano. La situazione è pesante, come dimostra l’incendio doloso. Ribadisco la richiesta: evitiamo di dover piangere un morto o un dramma grave». © RIPRODUZIONE RISERVATA