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Reggio Emilia, nel carcere giovani detenuti cantano trap per la Festa della Musica

Jacopo Della Porta
Reggio Emilia, nel carcere giovani detenuti cantano trap per la Festa della Musica

Sono 170 i detenuti sul palco giovani tra i 18 e i 25 anni con brani scritti in un laboratorio durato sei mesi

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Reggio Emilia Sole a picco, le rime taglienti della musica trap («Com’è che io sono diventato tutto ciò che ho sempre odiato?») e tante persone che ballano e cantano. Non siamo al Campovolo, in attesa del concerto di Ligabue, ma a pochi chilometri di distanza, nel carcere di Reggio Emilia.

Circa 170 detenuti hanno celebrato ieri la Festa della Musica, che ricorre in tutto il mondo il 21 giugno.

A salire sul palco allestito nel campo da calcio di via Settembrini sono stati una decina di giovani detenuti, tutti tra i 18 e i 25 anni: a loro era dedicato il laboratorio musicale che si è concluso con l’esibizione. Sei mesi di lavoro, un incontro a settimana, per scrivere, registrare e poi cantare brani originali. Il titolo del percorso era “Rap: rime, amore, poesia”. Il genere, naturalmente, la trap: cruda, diretta, spesso controversa. Ma qui trasformata in strumento di espressione personale e rieducazione.
 

«Abbiamo pensato di portare la musica dentro, dopo un primo esperimento esterno», ha spiegato Lucia Monastero, direttrice dell’istituto penitenziario. L’iniziativa è nata grazie alla collaborazione tra Comune, assessorato alle Politiche giovanili e dalla coop sociale Giro del Cielo, che ha messo a disposizione insegnanti, musicisti e supporto tecnico. «La musica è un collante, abbatte le barriere. E oggi è uno dei pochi strumenti che parlano davvero ai più giovani – aggiunge Monastero –. Anche perché i giovani adulti detenuti sono in aumento. È un dato che preoccupa».

L’idea del laboratorio è nata due anni fa, su proposta di un giovanissimo detenuto. «All’inizio eravamo perplessi – racconta Carmela Gesmundo, funzionaria dell’area giuridico-pedagogica – la trap ha un’immagine spesso aggressiva, ma abbiamo scelto di provarci, lavorando sui contenuti per dare voce a chi ha qualcosa da dire. E i ragazzi hanno risposto con entusiasmo».

Non solo musica: scrivere, cantare, esibirsi è diventato un modo per rielaborare il proprio vissuto. Lo sottolinea anche Francesca Bertolini, garante per le persone private della libertà del Comune di Reggio Emilia: «È stato un percorso che li ha portati a fare i conti con sé stessi, con le emozioni, con le ragioni per cui si trovano lì. E, come dicono loro, per un attimo hanno superato le mura del carcere». «Il tempo detentivo può rappresentare un’occasione di riflessione e rielaborazione», ha aggiunto l’assessora Annalisa Rabitti.

La buona riuscita dell’iniziativa si deve anche al lavoro della polizia penitenziaria di tutto il Reparto di Reggio Emilia, guidata dall’ispettore superiore Michele Malorni, comandante facente funzioni, oltre che naturalmente ai detenuti.