«Ho il braccio rotto, mi operano tra 20 giorni». L’ospedale: «Exploit di traumi nell’ultimo periodo»
Reggio Emilia: la storia di un pensionato dopo un caduta. Il direttore di Ortopedia: «Fatta una riunione per vedere di ridistribuire, dove è possibile, qualche trauma minore sugli altri ospedali della provincia»
Reggio Emilia Non è mai il momento opportuno per rompersi qualcosa, ma soprattutto adesso, chi dovesse avere la sventura di incappare in una frattura deve armarsi di grande pazienza. A Reggio Emilia le sale operatorie di ortopedia lavorano a ritmi da grande città: colpa di un vero e proprio boom di traumi da incidente stradale. E chi ci rimette, tra gli altri è anche chi ha la sfortuna di dover ricorrere comunque al pronto soccorso ortopedico per una caduta in casa. Una caduta banale, ma dalle conseguenze serie, come quelle a cui è andato incontro un pensionato di 65 anni che cadendo male si è fratturato l’omero del braccio destro. Una frattura scomposta, che necessita di intervento chirurgico. Che però non avverrà prima di 15/20 giorni.
Questa, in sintesi, la vicenda raccontataci da un lettore che mercoledì mattina è caduto in casa fratturandosi l’omero del braccio destro. Soccorso e portato al Santa Maria Nuova in ambulanza, Alessandro Sassi, 65 anni, dipendente pubblico in pensione, è stato visitato e sottoposto a tutti gli accertamenti del caso che hanno evidenziato che per rimettere a posto quell’omero serve un intervento di chirurgia ortopedica. «Tra quindici o venti giorni, prima non ci è davvero possibile, tanti sono i traumi che arrivano in questi giorni all’ospedale e a cui dobbiamo fare fronte». Un racconto, questo, confermato dallo stesso Sassi che spiega: «I medici e gli infermieri con cui ho avuto a che fare sono stati davvero molto cortesi e quasi scusandosi, mi hanno detto che hanno dovuto far fronte a un gran numero di traumi come il mio e anche più gravi, non è possibile fare diversamente. E così dicendo mi hanno messo un tutore e... mi hanno rimandato a casa. Io – chiarisce il pensionato – non ce l’ho con il personale sanitario. Piuttosto ce l’ho con chi sostiene che a Reggio la sanità va bene. Se fosse davvero così, una persona non dovrebbe aspettare venti giorni per un intervento». Tornato a casa, Sassi ha deciso di rendere pubblica la sua storia e poi ha fatto un tentativo all’ospedale di Baggiovara. «Ho fatto questo tentativo – spiega – per vedere se c’era la possibilità di accorciare i tempi d’attesa. Ma anche lì mi hanno risposto alla stessa maniera. Anche a Baggiovara sono nella stessa situazione». Poi, l’ultimo aggiornamento: «Stamattina (ieri mattina, ndr) mi hanno chiamato dal Santa Maria Nuova per gli esami pre-operatori. Mi hanno dato appuntamento per lunedì, Ma non mi hanno detto che mi operano martedì...».
«Capisco – dice il direttore dell’Ortopedia del Santa Maria Nuova, Michele Cappa– il disappunto del vostro lettore e sono assolutamente consapevole del disagio che sta vivendo in questo momento. Quello che mi preme sottolineare che stiamo facendo di tutto per ridurre al minimo i disagi e devo dire che grazie all’abnegazione dei colleghi, alla grande disponibilità della direzione aziendale ci stiamo riuscendo. Proprio questa mattina (ieri, ndr) abbiamo tenuto una riunione a livello di azienda Usl per vedere di ridistribuire, dove è possibile qualche trauma minore sugli altri ospedali della provincia». Restano da spiegare i venti giorni d’attesa per un intervento di chirurgia ortopedica. «In quest’ultimo mese – spiega il dottor Cappa – siamo stati chiamati a far fronte a un vero e proprio exploit di traumi ad alta energia, che altro non sono che traumi causati da incidenti stradali o cadute dall’alto. Nell’ultimo mese abbiamo registrato qualcosa come otto fratture del bacino, ovvero le fratture di coloro che cadono in moto o in scooter. In alcuni casi si tratta poi di politraumi che spesso occupano per ore buona parte del nostro comparto operatorio». Tutti traumi che possono essere trattati soltanto al Santa Maria Nuova dove, sottolinea il dottor Cappa, «in queste settimane stiamo registrando numeri tipici delle metropoli. Come se non bastasse, in questo periodo estivo arrivano anche i reggiani che si sono fatti male, altrove, mentre erano in vacanza e scelgono Reggio per farsi curare anche per essere assistiti più agevolmente dai famigliari». M.S. © RIPRODUZIONE RISERVATA