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Insegnanti precari, i corsi sono un rebus: ecco coma funzionano

Insegnanti precari, i corsi sono un rebus: ecco coma funzionano

Obbligo di frequenza per le abilitazioni, ma molti stanno terminando l’anno: il sindacato scuola della Cgil li definisce «un vero e proprio Far West»

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Reggio Emilia Si chiamano percorsi abilitanti per la stabilizzazione dei docenti precari, ma sembrano parkours con volteggi e salti mortali. La Flc, il sindacato scuola della Cgil, li definisce «un vero e proprio Far West», riportando le proteste dei molti insegnanti che in queste ultime settimane dell’anno scolastico si sono rivolti alla sua sede, presso la Camera del Lavoro in via Roma. La loro organizzazione è affidata alle università statali e private, che hanno ritardato a calendarizzare quelli del 2024-2025; li concentrano fra giugno e luglio e richiedono il pagamento delle pesanti rette previste da un decreto interministeriale. «Nei nostri uffici – riferisce Tatiana Giuffredi, neosegretaria della Flc provinciale – sono arrivati a decine, tutti rassegnati a sostenere gli altissimi costi, in gran numero obbligati a rivolgersi a università lontanissime, come quelle di Salerno o Roma, perché l’abilitazione nel loro insegnamento non è stata prevista nel territorio regionale». Per tutti esiste una grande difficoltà, quella di conciliare l’obbligo di frequenza con il servizio a cui sono ugualmente tenuti. Infatti le lezioni scolastiche si sono concluse il 6 giugno, ma le attività sono continuate e stanno proseguendo con gli scrutini, gli esami di stato di terza media e quinta superiore e le riunioni degli organi collegiali. Non tutti avevano diritto ad essere ammessi ai corsi, ma la normativa è molto complicata e nel dubbio molti hanno presentato la domanda: «In maggioranza – sottolinea la segretaria – questi docenti sono stati esclusi dalla selezione dopo aver pagato fino a 150 euro di iscrizione che non verranno rimborsati».

Tuttavia, a suo parere, il problema più grave segnalato dagli ammessi riguarda «l’avvio dei corsi, spesso comunicato con pochissimi giorni di anticipo e collocato nei primi giorni di giugno in concomitanza con le fasi finali cruciali dell’anno scolastico. Perciò moltissimi sono stati costretti a intavolare solitarie e disperate conciliazioni con i dirigenti per ottenere i giorni di permesso». Per giunta gli atenei hanno pubblicato calendari di lezione molto fitti per recuperare il ritardo nell’attivazione del secondo ciclo dei corsi abilitanti da tenere nel 2024-2025, secondo l’indicazione europea recepita da Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione nel governo Draghi. «La conseguenza di questa mala gestione – conclude Tatiana Giuffredi – è un sistema impazzito, senza regole di precedenza, senza rispetto dei tempi della scuola. Sulla carta il nuovo realizza il mandato europeo di una adeguata formazione professionale del docente, ma nella realtà dei fatti sta mostrando l’incapacità dei due ministeri coinvolti, dell’Istruzione e dell’Università».  L. S. © RIPRODUZIONE RISERVATA