Gazzetta di Reggio

Reggio

L’intervista al vice sindaco

«L’Arena può decollare nel 2026 se smette di inseguire i sold-out»

Massimo Sesena
«L’Arena può decollare nel 2026 se smette di inseguire i sold-out»

Reggio Emilia, il vice sindaco Lanfranco De Franco commenta l’estate lampo del Campovolo: «C.Volo si apra a nuovi promoter e si inseriscano live da 10-60mila persone»

6 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia L’estate-lampo della Rcf Arena, che due giorni dopo l’inizio della stagione estiva ha già esaurito la sua stagione dei concerti, è un nervo scoperto nella politica reggiana. È come se i fuochi d’artificio (leggasi i due grandi eventi di inizio giugno, il live dei Pinguini Tattici Nucleari e il concerto di Ligabue per i trent’anni di “Certe Notti”) che di solito si fanno a ferragosto e segnano la fine dell’estate, a Reggio li abbiano anticipati di tre mesi, facendo finire l’estate (dei concerti) due giorni dopo il solstizio. Tra coloro che non sottovalutano il tema, al punto da pensare a come ri-pensare l’Arena per far sì che, banalmente, l’anno prossimo l’estate al Campovolo duri di più, c’è il vice sindaco Lanfranco De Franco che ha ricevuto da Marco Massari la delega a monitorare lo stato di salute di una infrastruttura che, nonostante la giovane età, fatica a decollare.

Assessore De Franco, cosa manca a questa Rcf Arena per decollare definitivamente?
«Dal punto di vista strutturale, anche l’ultimo evento con il concerto di Ligabue ha dimostrato che l’organizzazione è ormai collaudata, come dimostra ad esempio il fatto che, due ore dopo la fine del concerto che aveva portato al Campovolo oltre centomila persone, il parcheggio delle auto fosse completamente libero. Allo stesso modo è unanime l’opinione che questa arena sia davvero adatta a ospitare eventi di questa portata, come testimoniano, ad esempio, le opinioni di un pubblico abituato a girare l’Europa come quello degli Ac/Dc. Poi, a voler essere precisi, un paio di difetti sono emersi».

Quali sarebbero?
«La struttura, così come è oggi, soprattutto quando ospita i grandi eventi deve essere più accogliente per le persone diversamente abili. Occorre studiare una soluzione che, anche di fronte a eventi di grande portata, salvaguardi lo spazio a disposizione di chi si muove con difficoltà. L’altro tema, emerso negli anni passati, è già stato affrontato con successo in occasione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari. Penso allo spreco alimentare che, ad ogni concerto, obbligava gli organizzatori a cercare una soluzione. Nel corso dell’evento di Hello World siamo riusciti a salvare circa 800 chili di panini che sono stati donati alle parrocchie e alle mense per i più bisognosi».

Converrà che se oggi si discute del futuro dell’Arena, non è per queste vicende, ma per il fatto che all’inizio dell’estate, il cartellone dei concerti è già vuoto. Lei che idea s’è fatto in merito?
«Sicuramente manca qualcosa perché l’Arena decolli definitivamente. In sintesi, penso che già dall’anno prossimo, si potrebbe cercare di valorizzare alcune peculiarità dell’Arena per farle diventare location per eventi importanti anche se di portata più ridotta rispetto ai grandi concerti. Penso al Boulevard, ma anche a un diverso utilizzo dei tre grandi settori di cui oggi si compone l’arena. E questo, banalmente, perché oggi sono pochi gli artisti che possono riempire un’arena da oltre 100mila posti».

Par di capire, dalle sue parole, che quello dei grandi eventi sia il peccato originale dell’Arena… 
«Sicuramente, abbiamo peccato di provincialismo a pensare che, dotandoci dell’arena spettacoli più bella d’Europa, avremmo avuto la fila dei big della musica per esibirsi al Campovolo. Per una ragione molto semplice: l’artista di livello mondiale che sceglie due date in Italia, punta su Roma e Milano. Questo errore ha poi avuto come effetto collaterale una sorta di ansia da prestazione che ci ha spinto a concentrarci nella forsennata ricerca degli eventi da centomila persone. Mentre io credo che vada ribaltata la prospettiva...».

A cosa pensa?
«Penso a una valorizzazione del Boulevard e, all’occorrenza, anche a un utilizzo più modulare dell’arena, sul modello dei due concerti di Zucchero che, chiedendo le sedute per il suo pubblico, ha di fatto ottenuto una sorta di effetto sold-out con circa 60mila spettatori nell’arco delle due serate. Un effetto, questo, che si può ottenere anche destinando l’anello più esterno dell’arena a spazi per il food e il merchandising. In questo modo, l’Arena resterebbe la location privilegiata per gli eventuali grandi eventi, ma sarebbe utilizzabile anche per altri concerti con target di pubblico che vada da 10mila a 60mila persone. Un target che può portare a impegnare l’arena con più eventi lungo tutta l’estate. L’importante è liberarsi del falso mito delle 100mila persone. E questo, anche a vantaggio della città».

In che senso?
«Nel senso che sono proprio gli eventi che richiamano quel target di persone che possono portare vantaggi alla città, grazie a persone che inseriscono i biglietti di tal concerto in una due-tre giorni che può portarli a conoscere altri aspetti di Reggio».

Perdoni l’ingenuità, ma perché non ci si è mossi in questa direzione anche per riempire di date l’estate che è appena cominciata ed è già finita?
«Non credo di dire nulla di nuovo se sottolineo il fatto che, all’inizio di questa avventura, la componente reggiana dei soci non aveva praticamente nessuna esperienza di quello che era il mondo dei concerti e degli eventi live. Ora l’esperienza c’è e, caduto il monopolio nella scelta degli artisti, esiste finalmente la possibilità di coinvolgere altri promoter che portino artisti e altri eventi per l’arena. Di fatto, per il 2026 questa nuova visione dell’utilizzo dell’arena è stato recepito dai soci».

A proposito della compagine sociale che ha in gestione l’Arena, chi dovrebbe occuparsi di reclutare nuovi promoter, magari anche coinvolgendoli nella gestione societaria?
«Non spetta certamente a me indicare chi debba farsi carico di questa inversione di rotta. Mi risulta che lo stiano comunque facendo in vista del 2026: non ho nomi da anticipare, ma i segnali che arrivano sono positivi».
Se è così sul pezzo, perché il Comune non entra in società? Forse è stato un errore non farlo prima?
«Nessun errore. Se oggi possiamo godere di questa infrastruttura lo dobbiamo a un gruppo di imprenditori che ha scelto di investire sul territorio, credendo in una visione condivisa anche dalla politica. Del resto, credo che il ruolo del pubblico sia quello che stiamo svolgendo come Comune, attenti alla gestione di un bene pubblico come è il terreno dato in concessione ai privati . Discorso diverso è per un altro attore pubblico che non a caso, a suo tempo, decise di credere nel progetto della Rcf Arena contribuendo finanziariamente».

Allude alla Regione?
«Certo. Anche per questo motivo è il momento di mettere in campo tutti gli sforzi per far decollare definitivamente la Rcf Arena per poi avere le carte in regola per chiedere alla Regione di sostenere la valorizzazione di una infrastruttura che può portare vantaggi a Reggio e anche al resto dell’Emilia Romagna».
Intanto però, mentre a Reggio si discute sul da farsi, altrove si agisce: a Imola andranno gli Ac/Dc e nel 2026 si esibirà lì uno degli artisti più quotati del momento, Cesare Cremonini...
«Guardi che a Imola hanno semplicemente fatto il ragionamento che stiamo facendo a Reggio per il Campovolo. A Imola non è sostenibile una location che si anima soltanto per l’autodromo , oltretutto dopo nel 2026 il circuito di Imola non è incluso nel calendario della Formula 1».© RIPRODUZIONE RISERVATA