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“Paradise Street”, in zona stazione apre il centro per arginare la diffusione di crack

Massimo Sesena
“Paradise Street”, in zona stazione apre il centro per arginare la diffusione di crack

Il progetto gestito dal Centro sociale "Papa Giovanni" assieme a Asl e Comune. Ecco come funziona

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Reggio Emilia Nome ufficiale: "Paradise Street". Nome più quotato tra gli oppositori del progetto: "Stanza del buco", il nome dispregiativo e improprio che viene dato a quei luoghi protetti dove le persone tossicodipendenti possono fare uso di sostanze illegali sotto supervisione medica in ambienti puliti, in modo da scongiurare esiti drammatici ed evitare anche che possano nuocere alla collettività. Gli esempi - in Europa, non in Italia - non mancano: Svizzera, Olanda, Norvegia, Spagna. E da oggi anche a Reggio Emilia.

Dopo un travaglio di mesi, apre i battenti oggi, 1° luglio, lo spazio "Paradise Street", nei locali di via Paradisi che erano già occupati dagli operatori del Centro sociale Papa Giovanni XXIII che con i suoi operatori che si occupano tossicodipendenze e, più in generale, grande emarginazione adulta, ha curato e seguirà il progetto che ha come obiettivo «avvicinare a percorsi di cura i consumatori di sostanze, in particolare "stimolanti"». In che modo? L’esperienza - che costituirà il punto di partenza dell’azione di questa nuova struttura - è mutuata dal lavoro svolto dalle Unità di strada della "Papa Giovanni XXIII" proprio in queste zone della città e proprio sulla cosiddetta Grave emarginazione adulta. Una buona parte delle oltre 200 persone che - secondo una sorta di censimento che ha comunque una sua attendibilità - frequentano questi luoghi, ha problemi di tossicodipendenza e, in particolare, di dipendenza da crack. Così, in questi anni, gli operatori della "Papa Giovanni" hanno agganciato diverse persone che consumano crack, offrendo loro, ad esempio, pipe sterili che - al pari delle siringhe per gli eroinomani - sono strumenti per la riduzione del danno. E proprio da questo lavoro di conoscenza del fenomeno, è emerso che le persone agganciate (e non emarginate) hanno mostrato interesse a ricevere aiuto. «Siamo convinti - sottolinea Fabio Salati, presidente della Papa Giovanni nella relazione che "Paradise Street" - che questo progetto possa rappresentare un modello di intervento innovativo e replicabile in altri contesti, contribuendo a costruire comunità più inclusive e solidali».

Orari, regole e programmi

Ma come funzionerà il progetto? È prevista una apertura giornaliera, sei giorni su sette, per quattro ore al giorno: dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19 e il sabato dalle 9.30 alle 13.30. Le figure professionali coinvolte nella gestione dello spazio di via Paradisi saranno diverse: oltre a educatori professionali o operatori della "Papa Giovanni ", sono previsti personale del Servizio dipendenze patologiche dell’Ausl, infermieri volontari, nonché i cosiddetti "operatori pari" che altri non sono che persone che ce l’hanno fatta e proprio per il loro passato hanno gli strumenti per creare un rapporto con queste persone: sull’approccio, sulla capacità di stabilire un contatto con queste persone si gioca gran parte delle possibilità di successo di "Paradise Street". Una volta agganciate, queste persone hanno la possibilità di uscire dalla marginalità in cui spesso si trovano. Possono provare a prendersi cura di se stessi, trovando il modo anche di rifocillarsi e, appunto, "decomprimere", ovvero trascorrere in un luogo protetto la fase più critica dell’astinenza da crack, quella in cui cresce l’aggressività. Una aggressività che si cercherà di controllare attraverso colloqui, ascolto di musica scelta dagli utenti o semplicemente. Oltre agli spazi comuni e ai laboratori sono previsti aree per i colloqui in cui si potrà contare anche sulla presenza di mediatori culturali. Tutto questo, dicono i responsabili del progetto «in accordo con le agenzie di controllo, ovvero le forze dell’ordine, per una sicura gestione e fruizione dello spazio».

La presa di coscienza

Il primo a riconoscere l’emergenza crack in zona stazione fu, nella sua prima intervista da sindaco di Reggio, il medico Marco Massari: «La gran parte dei reati che si commettono in quella zona della città è legata al consumo di crack», disse il primo cittadino alla Gazzetta di Reggio. E per questo, sulla spinta dei comitati dei residenti della zona stazione, Massari ha chiesto e ottenuto l’Esercito a presidiare la zona e, contestualmente, ha messo in campo una serie di misure per ridurre il degrado nella zona: dal potenziamento del servizio di raccolta dei rifiuti, all’istallazione delle foto-trappole contro l’abbandono senza regole di pattume e rifiuti ingombranti, a interventi di manutenzione straordinaria nel quartiere, al coinvolgimento dei cittadini in nuovi gruppi di controllo di vicinato. A tutto ciò ora si aggiunge questa operazione, talmente innovativa per Reggio da generare più di una preoccupazione. Si tratta di preoccupazioni comprensibili, ma che non poggiano su dati di fatto, come invece ha l’ambizione di poggiare la progettazione che oggi diventa realtà con l’apertura di questo presidio, in via Paradisi. Un presidio che, prima di aprire, ha avuto a che fare con più di uno stop, tutti dovuti alla necessità di superare le perplessità e, in alcuni casi, le contrarietà dei residenti. È il caso della iniziale localizzazione che questo presidio aveva fino a qualche mese fa, quando si pensava che dovesse sorgere in via Eritrea, nell’area di Rfi compresa tra i binari della stazione storica e una delle strade più problematiche dell’intero quartiere. Una scelta, quella di cambiare location, resa obbligata anche dal ritardo con cui l’esercito - la cui presenza era stata richiesta dal sindaco fin dal luglio dello scorso anno - si è materializzato in zona stazione: senza la ronda in grigioverde dell’Operazione "Strade Sicure" chiesta a gran voce dai residenti, sarebbe stato controproducente, da parte del Comune, imporre questo presidio. Una terapia d’urto che poteva risultare controproducente.

Il punto di partenza

Il punto di partenza è costituito dagli effetti che questa droga sintetica - nata dalla lavorazione della cocaina, venduta in cristalli che vengono fumati attraverso pipe ad hoc o di fortuna, come i colli delle bottiglie di plastica - ha sui consumatori: dà dipendenza con grande facilità, è considerato uno stimolante che, soprattutto nelle fasi di astinenza, (che sono più frequenti nell’arco di una giornata rispetto a quelle dell’eroinomane) provoca esplosioni di violenza. Così si spiega lo stillicidio di spaccate alle auto parcheggiate tra via Eritrea, viale IV Novembre e strade laterali: in video poi diventato virale nei mesi scorsi vede un uomo in via Alai che, barcollando e brandendo un tombino, aveva sfasciato tutti i vetri delle auto in sosta alla ricerca di tutti gli spiccioli possibili, garantirsi un’altra "pippata". Non a caso, uno degli obiettivi di questo presidio è proprio quello di dare a queste persone un luogo "protetto" dove "decomprimere" il loro stato psicofisico alterato dall’uso di queste sostanze. Preso atto dei danni che la diffusione di una droga così devastante ha non solo sulla salute di coloro che ne fanno uso ma anche sulla vita quotidiana di intere zone della città, il passo successivo nel percorso che porta a questo progetto sta nella consapevolezza che la sola risposta "securitaria" (l’esercito ma anche una maggior presenza di pattuglie delle altre forze dell’ordine) sortisce l’effetto di spostare il problema, magari soltanto di alcune centinaia di metri, ma non certo di eliminarlo. Cosa cambierà da oggi, nella zona stazione? Per un primo bilancio ci vorrà del tempo. Di certo, assicurano i responsabili del progetto, la valutazione d’impatto verrà effettuata attraverso «indagini periodiche sulla soddisfazione degli utenti, monitoraggio dei dati sull’accesso ai servizi e sui risultati raggiunti». Prevista inoltre una «osservazione partecipata delle dinamiche sociali nel quartiere». E soprattutto «per garantire la sostenibilità del progetto» dovranno essere coinvolti attivamente «Comune, Asl, forze dell’ordine, ma anche Cooperative sociali, associazioni di volontariato, centri di aggregazione giovanile e ovviamente i cittadini, attraverso la partecipazione a gruppi di lavoro e l’organizzazione di eventi». L’altra caratteristica di questa operazione è che ha dentro di sè una specie di... data di scadenza, anche soltanto per il fatto che proprio lo stabile dove oggi apre "Paradise Street" verrà abbattuto nell’ambito della riqualificazione di quel pezzo di quartiere. Una riqualificazione fatta - anche in questo caso - con una terapia d’urto (a suon di ruspe) che per ò non comincerà prima del 2027.