Da Achille a Luigi Maramotti, la storia si ripete. Quel dietrofront di quarant’anni fa
Nel 1984 il cavaliere rinunciò alla variante sull’area di Mancasale, dove poi...
Il clamoroso dietrofront – o dietroaffront, per i maligni – di Luigi Maramotti nei confronti del Comune ha un illuminante precedente che risale a una quarantina d’anni fa, alla prima metà degli anni Ottanta. Che non dovrebbe essere sfuggito a chi conosce la storia di Reggio e che, forse, può aiutare a meglio comprendere l’attuale scontro tra Max Mara e Comune. Gli anni Settanta si sono appena chiusi con uno scontro sindacale che fa apparire l’attuale vertenza Manifattura San Maurizio una questione bagatellare. Contro l’azienda che da tempo applica il famigerato K100 – ovvero il limite minimo di produttività stabilito da Max Mara per ogni singola operaia, con reprimende pubbliche e sanzioni per chi non lo raggiunge – ma non applica invece il contratto nazionale di lavoro, solo tra il 1977 e il 1978 sono stati effettuati picchetti e scioperi per 370 ore. Maramotti possiede da tempo un vasto terreno agricolo a Mancasale, che vorrebbe trasformare in edificabile per realizzarvi il nuovo stabilimento Max Mara. Ne parla con il sindaco di Reggio Emilia, Ugo Benassi, ma i tempi lunghi legati alle concessioni e soprattutto al nuovo Piano regolatore rischiano di portare i lavori almeno al 1987. Così il 15 novembre 1982 Maramotti scrive al sindaco lamentando che «la grave situazione di mancanza di spazio nel mio stabilimento di Reggio è cosa nota e al limite del ridicolo», spiegando che nella nuova fabbrica di Mancasale «potrebbero avvenire circa 250 assunzioni» e minacciando, nemmeno troppo velatamente, di poter essere «costretto nel futuro a concentrare tutta la produzione in uno dei due nuovi stabilimenti di Casalmaggiore e Boretto». Complice anche una sorprendente sponsorizzazione nel 1983 da parte di Max Mara a un raffinato festival di teatro giapponese kabuki, l’impegno della giunta comunale – un monocolore comunista più qualche indipendente – non tarda ad arrivare. Pur non senza le immancabili polemiche politiche da parte dell’opposizione più battagliera, allora rappresentata dal Partito socialista. Il Consiglio comunale si affretta a votare la variante, ma lo scontro tra sindacati e Max Mara continua violentissimo, con tanto di denuncia (che finirà in nulla) all’Inps, nel dicembre 1983, da parte della Federazione unitaria dei lavoratori tessili, che accusa l’azienda di aver goduto della diminuzione del carico previdenziale come se applicasse normalmente il contratto collettivo di categoria, che però da quasi una decina d’anni è disatteso. In questo clima all’inizio dell’estate 1984 – ieri, come oggi – arriva la clamorosa decisione di Achille Maramotti di rinunciare alla variante al Prg sull’area di Mancasale. Un clamoroso dietrofront che anni dopo Benassi – il sindaco rosso amico del cavaliere bianco – mi ricorderà e motiverà così, fornendo forse una preziosa chiave di lettura anche all’odierno scontro: «Ero in vacanza a Lerici, quando Maramotti mi raggiunse accompagnato da Gibertoni. Mi disse che non era più interessato e che ridestinassimo ad agricolo il terreno, perché non voleva passare per uno speculatore. Era dispiaciuto. E io amareggiato. Ma non penso fosse colpa dei sindacati, della nuova ondata di tensioni. L’imprenditore Maramotti non agiva per ripicca, ma esclusivamente in base all’interesse della sua azienda. E il fallimento della Bertolini macchine agricole aveva consentito a Maramotti di acquisire a Bazzarola lo stabilimento di cui in quel momento aveva bisogno. Che poi, magari, la Banca agricola avesse avuto un ruolo più o meno importante in quel fallimento, questo è un altro discorso…». La storia insegna anche che poi – complice un altro sindaco rosso, Antonella Spaggiari – sarà proprio su quel terreno a Mancasale che nel 2003 (dove di lì a poco sorgeranno i ponti e la stazione di Calatrava) Max Mara realizzerà la sua nuova, stilosa sede. Anche per il cosiddetto Polo della moda, dunque, forse non è detta l’ultima parola. Perché chissà, anche certi scontri, così come certi amori, non finiscono: fanno dei giri immensi e poi ritornano…
*Ex capocronista della Gazzetta di Reggio e autore di “Achille Maramotti: le gonne, il Cavaliere, l’arte e gli affari” (Compagnia editoriale Aliberti), l’unica biografia sul fondatore di Max Mara.
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