Gazzetta di Reggio

Reggio

La scoperta

Villa Minozzo, trovati castagneti ultrasecolari: indagano genetisti e archeologi

Adriano Arati
Villa Minozzo, trovati castagneti ultrasecolari: indagano genetisti e archeologi

L’annuncio Marco Picciati, referente del Consorzio dei Castanicoltori dell’Appennino Reggiano. Si trovano nella zona di Carù

3 MINUTI DI LETTURA





Villa Minozzo «Il cerchio si stringe attorno alla storia matildica del castagno». Lo annuncia Marco Picciati, referente del Consorzio dei Castanicoltori dell’Appennino Reggiano, dopo una ricerca sul campo nella zona di Carù di Villa Minozzo. La base è il documento firmato in calce da Matilde di Canossa a Carpineti, una donazione di terreni a favore del parroco di Carù di Villa Minozzo. Il testo, tutt’oggi custodito nella biblioteca Estense, descrive come il Reverendo Gerardo aveva precedentemente innestato un castagneto in prossimità dell’ospitale di Campo Camelasio da lui costruito. «Si tratta di un documento che certifica due cose molto importanti: che gli attuali castanicoltori sono, dopo oltre mille anni, gli eredi della tecnica agronomica dell’innesto del castagno e quindi custodi di una tradizione e di un patrimonio culturale e di conservazione della biodiversità; e che il castagneto in quanto bosco era conosciuto e apprezzato a quel tempo, così come erano conosciute le pratiche di addomesticazione (innesto) e il suo utilizzo», spiega Picciati.

Questa testimonianza storica è stata messa a ulteriore valore subito dopo, grazie allo stesso reverendo, che nel 1103 ha redatto un suo atto con indizi utili per restringere il campo di ricerca e individuare l’ospitale di Campo Camelasio. A volte basta poco per innescare la miccia e un gruppo di esperti si è attivato passando dalle ricerche documentarie alle analisi cartografiche e le indagini sul campo che hanno condotto nel cuore del Parco nazionale, nella zona dei Gessi triassici, alle pendici del Monte Carù e negli intorni dell’attuale abitato del Mulino di Gacciola, non lontano dall’abitato di Carù. A fine giugno è stata effettuata una ricerca a cui hanno preso parte il genetista e docente universitario Luca Dondini di Bologna, Picciati, l’archeologo Nicola Cassone, lo storico Samuele Canovi e il castanicoltore.

Il lavoro ha permesso di verificare, a ridosso dell’ospitale ora Mulino di Gacciola, «la presenza di un castagneto e di diversi castagni ultrasecolari sui quali sono stati raccolti campioni di materiale biologico al fine di individuare le loro peculiarità genetiche. Questi approfondimenti saranno in grado di fotografare e interpretare l’origine dei castagni e di questi patriarchi, che ancora oggi sono in grado di produrre castagne e marroni, portatori a questo punto non solo di biodiversità, ma anche di una storia scritta o meglio sottoscritta direttamente da Matilde di Canossa», precisa Picciati. In questo modo, «avremo la possibilità di verificare le correlazioni genetiche dei castagni di questo luogo, che a tutti gli effetti potremo chiamare i "Castagni di Reverendo Gerardo", e la banca dati genetica regionale creata dal gruppo di lavoro del professor Dondini oramai composta da centinaia di genotipi di tutta la regione». E quindi, conclude, «le leggende e le narrazioni orali portate avanti dai vecchi castanicoltori sulle gesta di Matilde di Canossa a favore dei montanari e della castanicoltura forse troveranno una conferma scientifica? Si chiuderà il cerchio? Presto vedremo».