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Affidi illeciti Bibbiano, “Angeli e demoni” si chiude con tre sole condanne, tutti gli altri assolti

Ambra Prati
Affidi illeciti Bibbiano, “Angeli e demoni” si chiude con tre sole condanne, tutti gli altri assolti

Non regge l’impianto accusatorio della Procura: 2 anni a Federica Anghinolfi, 1 anno e 8 mesi a Francesco Monopoli e 5 mesi a Flaviana Murru

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Reggio Emilia Tre condanne (pene tutte sospese) - per Federica Anghinolfi, Francesco Monopoli e Flaviana Murru - e una pioggia di assoluzioni. L’attesa sentenza del processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza è arrivata puntuale alle 17.30 di ieri, quando la presidente del collegio giudicante - Sarah Iusto (a latere Michela Caputo e Francesca Piergallini) - ha letto la sentenza in un’aula di corte d’Assise strabordante di avvocati e pubblico.

La sentenza

Tre sole condanne di modesta entità, a fronte di una richiesta complessiva di 64 anni di carcere (per 14 imputati e 108 capi d’imputazione) avanzata dall’accusa, il pm Valentina Salvi, che ha ascoltato il verdetto di primo grado in rito ordinario affiancata dal procuratore capo di Reggio, Calogero Gaetano Paci. La principale imputata Federica Anghinolfi (l’accusa aveva chiesto 15 anni), l’ex dirigente dei Servizi sociali Val d’Enza presente al mattino ma assente alla lettura del verdetto, è stata condannata a 2 anni (pena sospesa, significa non andrà mai in carcere ma resterà sulla fedina penale) per due reati (falsità ideologica commessa in atto pubblico e falsa attestazione su una voce di spesa, per aver indotto in errore con l’inganno l’Unione che approvò l’aumento di quota affido) legati alla vicenda della cuoca del centro pomeridiano per minori, che risultava affidataria senza esserlo, come ha ammesso lei stessa, e che figurava come destinataria delle fatture emesse dai Servizi finite nel bilancio dell’Unione. Sono state escluse le aggravanti e considerati i reati in continuazione. Per tutte le altre accuse (circa 45) è scattata l’assoluzione o il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Sempre per falsità ideologica Francesco Monopoli (per lui chiesti 11 anni e mezzo), l’assistente sociale braccio destro di Anghinolfi, è stato condannato a 1 anno e 8 mesi (pena sospesa) per aver calcato la mano sui sintomi di una minore ricoverata per crisi epilettica (che «temeva di essere rapita») in una relazione di aggiornamento del 2018, «pienamente consapevole della falsità degli atti». Siccome per quella determinata relazione Anghinolfi e Monopoli sono coimputati, entrambi sono stati condannati al pagamento delle spese legali e al risarcimento dei danni in sede civile: da quantificare l’entità delle somme, di certo minime rispetto ai risarcimenti milionari proposti. Per Flaviana Murru, neuropsichiatra Ausl, una pena di 5 mesi (l’accusa aveva chiesto 8 mesi) per rivelazione di segreto d’ufficio in una intercettazione. Assolti con formula piena - per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste - tutti gli altri: la psicoterapeuta Nadia Bolognini (chiesti 8 anni e 3 mesi), la psicologa dell’Ausl Imelda Bonaretti (6 anni e 6 mesi), l’assistente sociale Annalisa Scalabrini (6 anni e 4 mesi), l’assistente sociale Sara Gibertini (5 anni), l’educatrice Katia Guidetti (4 anni), l’educatrice Maria Vittoria Masdea (4 anni), l’ex coordinatrice dei Servizi sociali Marietta Veltri (3 anni), la coppia di affidatarie Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni (3 anni), la psicologa Federica Alfieri (2 anni) e la neuropsichiatra Ausl Valentina Ucchino (8 mesi). Così si è chiuso il processo sui presunti affidi illeciti, sui minori "strappati" alle famiglie d’origine e dati in affido sulla base di falsi abusi sessuali secondo l’accusa. Un’istruttoria durata quasi 3 anni e dalle dimensioni monstre: una trentina di parti civili, oltre 400 testimoni tra accusa e difese (poi sfrondati), 14 imputati (sui 24 originari) per 97 capi di imputazione (in origine 108).Un processo che ha diviso la città e l’Italia in colpevolisti e innocentisti, caratterizzato da scontri in udienza e da un’infinita gamma di strumentalizzazioni politiche e non.

Gli antefatti

Lo scandalo sulla presunta rete illecita negli affidi di minori dell’Unione Val d’Enza scoppiò nel 2019, durante la corsa per le elezioni regionali, che si giocò sullo slogan "Parlateci di Bibbiano" (Matteo Salvini dixit), tra manifestazioni e dirette televisive nazionali. Nelle scorse settimane il clima è tornato a surriscaldarsi dopo che i difensori di Anghinolfi, Oliviero Mazza e Rossella Ognibene, hanno reso noto di aver ricevuto un avviso di notifica proprio nei giorni della loro arringa: sono indagati per calunnia dalla Procura di Ancona, competente per i reati commessi contro i magistrati, per un’eccezione (rigettata) sollevata lo scorso anno. In una parrocchia di Reggio è stata perfino organizzata una messa per gli imputati (poi annullata) in vista della sentenza. In mezzo non soltanto si è visto di tutto - urla e offese in aula, la morte a soli 54 anni dell’avvocato di parte civile Patrizia Pizzetti, un libro mai esposto nella tabaccheria del tribunale - ma per diversi motivi il quadro accusatorio ha perso pezzi e imputati: clamorosa l’assoluzione (più celere grazie al rito abbreviato) di Claudio Foti, il "lupo di Bibbiano" cacciato da un ristorante in centro a Reggio, condannato in primo grado a 4 anni e assolto in Cassazione nell’aprile 2024. Nell’ottobre del 2024, infine, l’allora sindaco di Bibbiano Andrea Carletti e il presidente dell’Unione Paolo Colli sono stati prosciolti dopo l’abrogazione del reato di abuso di ufficio.