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Parcheggio Zucchi, la Corte dei conti boccia l’istanza del Comune di Reggio

Massimo Sesena
Parcheggio Zucchi, la Corte dei conti boccia l’istanza del Comune di Reggio

Il sindaco chiede un pronunciamento ai magistrati contabili: «Se dessimo un parere sul caso, non potremmo poi giudicare»

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Reggio Emilia Tutti, in piazza Prampolini e nel resto della città, sono concordi nel definire come decisiva - per un vero rilancio del centro storico di Reggio - l’operazione che punta a riportare in mano pubblica la gestione del parcheggio all’interno del grande cortile della ex Caserma Zucchi, oggi sede direzionale e di rappresentanza dell’Università di Modena e Reggio. A che punto è la trattativa tra il Comune e il titolare della concessione del parcheggio, l’imprenditore siciliano Filippo Lodetti Alliata? Di certo si sa che è ancora in piedi, ma la distanza tra l’offerta del Comune e la richiesta di buonuscita non è stata colmata: si parla di alcuni milioni di euro. Anche per questo, con l’obiettivo di tutelarsi rispetto a esposti o altre azioni legali, il sindaco Marco Massari ha interpellato la Corte dei conti chiedendo ai magistrati contabili una sorta di parere preventivo sulle mosse che eventualmente il Comune dovrebbe fare per chiudere questa trattativa.

Mossa sbagliata

Così ai primi di aprile il sindaco di Reggio chiede formalmente alla sezione regionale della Corte dei conti un parere preventivo sulle modalità da seguire nel caso si arrivi alla revoca della concessione. E la risposta dei giudici contabili, riunitisi per esaminare il caso il 15 maggio scorso è per il Comune una doccia gelata. Se infatti, nella prima parte della deliberazione numero 64/2025, i giudici contabili della sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna (presidente Marcovalerio Pozzato, consigliere Alberto Rigoni, consigliere relatore Tiziano Tessaro, primo referendario Ilaria Pais Greco, referendari Antonino Carlo, Massimo Galiero e Massimiliano Maitino), ammettono il quesito sul piano soggettivo («La richiesta di parere - si legge nell’atto - sottoposta all’odierno esame risulta soggettivamente ammissibile, sia con riguardo all’ente richiedente sia con riguardo all’organo legittimato, in quanto l’istanza di parere proviene dal Comune ed è sottoscritto dal Sindaco), nelle conclusioni sono assai più tranchant definendo inammissibile la richiesta di un parere specifico su un fatto specifico sui cui i giudici, qualora fornissero quel parere, non potrebbero più svolgere il loro ruolo qualora venisse loro richiesto. Nel loro dispositivo, i giudici della Corte dei Conti sono chiarissimi e fondamentalmente affermano l’ovvio, quando dicono in sostanza: non potete chiederci preventivamente se vi state comportando bene in questo caso specifico perché così facendo, precludereste a noi il ruolo di giudici su questa specifica vicenda.

Giudici, non consulenti

Nero su bianco, nella delibera depositata in cancelleria il 21 maggio scorso, la Corte dei conti definisce «oggettivamente inammissibile una richiesta di parere che implichi la soluzione» al quesito posto dal Comune sull’applicazione delle norme sui lavori pubblici che riguardano gli indennizzi in casi come questo e la loro collocazione nei bilanci dell’ente. E questo perché, paradossalmente, il Comune è entrato troppo nel dettaglio nella sua istanza alla Corte dei conti. Una mossa sbagliata, insomma «in quanto - scrivono i giudici nella loro delibera - finalizzata a compulsare una attività di consulenza preventiva sulla legittimità dell’operato amministrativo, attivata dall’Ente interessato al fine di precostituire una causa giustificativa di esonero di responsabilità». Difficile dire chi abbia suggerito al sindaco questa mossa. Di certo, i giudici contabili hanno messo il dito nella piaga individuando la falla nell’azione della giunta di Reggio che ora dovrà tornare al tavolo delle trattative con il Ceo di Reggio Parcheggi senza il parere della Corte dei conti che avrebbe potuto esprimersi - i giudici lo dicono in un passaggio in una delle dieci pagine di cui si compone il pronunciamento - su un caso enunciato in linea di principio, ovvero privo di agganci alla realtà.